Un team di ricerca internazionale coordinato dall’ INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha realizzato un modello di previsione che include una stima quantitativa delle incertezze, collegandola alla definizione dei livelli di allerta tsunami, capace di introdurre una svolta nella gestione delle allerte tsunami.
di Piero Mastroiorio –
Uno studio “Probabilistic tsunami forecasting for early warning” pubblicato sulla rivista scientifica ‘Nature Communications’, rivela l’esistenza di una nuova procedura, messa a punto da un team di ricerca internazionale coordinato dall’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, capace di introdurre una svolta nella gestione delle allerte tsunami.
Si tratta del PTF, Probabilistic Tsunami Forecasting, l’innovativa procedura che permette, in tempo reale, la determinazione del livello di allerta da maremoti tenendo conto della inevitabile incertezza sulla previsione dello tsunami, come spiega il primo autore dell’articolo e ricercatore del CAT-INGV, Centro Allerta Tsunami dell’INGV, Jacopo Selva: «PTF quantifica la probabilità che si verifichi uno tsunami di una determinata intensità entro pochi minuti dalla scossa di terremoto, che potrebbe averlo generato.Questo offre la possibilità di collegare la definizione del livello di allerta precoce (early warning) alla previsione dell’intensità del possibile tsunami ed alla relativa incertezza, in base a prestabiliti criteri di riduzione del rischio.».
Il metodo messo a punto dai ricercatori valuta rigorosamente e per la prima volta l‘inevitabile grado di incertezza nella previsione degli tsunami in tempo reale, come aggiunge Stefano Lorito, co-autore dello studio, sottolineando: «Le previsioni vengono effettuate combinando i parametri del terremoto stimati in tempo reale con quelli attesi nella zona nel lungo termine e, infine, con milioni di simulazioni numeriche della propagazione dello tsunami, pre-calcolate grazie a moderni supercomputer.».
Il team di ricerca ha applicato il PTF, a posteriori, a diversi eventi sismici tra cui il terremoto di magnitudo 8.8 che nel 2010 ha colpito Maule, in Cile, lo tsunami di Zemmouri-Boumerdes, in Algeria, generato nel 2003 da un sisma di magnitudo 6.8, e lo tsunami generato quasi un anno fa dal terremoto di magnitudo 7.0 avvenuto in prossimità dell’isola greca di Samos. Sono stati analizzati anche tutti i terremoti localizzati nell’area mediterranea che hanno attivato il CAT dell’INGV negli ultimi anni.
Ciò ha permesso di valutare l’accuratezza del modello previsionale su un ampio ventaglio di magnitudo e tipologie di evento sismico, dai terremoti crostali relativamente piccoli agli eventi di maggiore entità generati in zone di subduzione.
Per poter offrire una risposta adeguata in caso di evento ai cittadini residenti nelle aree costiere esposte al rischio di inondazione da tsunami, è imprescindibile combinare l’evidenza scientifica con le scelte di politica del territorio, così da associare un livello di allerta a una data probabilità, considerando che ogni livello di allerta, a sua volta, può corrispondere a determinate fasce costiere da evacuare.
Queste ultime, in Italia, sono state definite da INGV, ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, DPC, che sono i componenti del SiAM, Sistema di Allertamento nazionale per i Maremoti generati da sisma, dove, sia gli allarmi mancati che i falsi allarmi possono generare significative conseguenze socio-economiche. Poiché entrambe le fattispecie sono dovute all’incertezza nella previsione degli eventi calamitosi, il PTF si propone di includere nel calcolo l’incertezza stessa.
Questo approccio in futuro potrebbe essere molto utile anche per la definizione di nuove strategie di gestione del rischio consentendo, ad esempio, la predisposizione di azioni di mitigazione diverse per specifici aspetti basate sulle informazioni scientifiche fornite in tempo reale dal PTF come, ad esempio, l’attivazione di procedure che salvaguardino gli impianti industriali in casi di emergenza.