di Antonietta Montagano
La stampa italiana sta attraversando un periodo di grande difficoltà, segnato da sfide economiche, calo delle vendite e crescente preoccupazione per la libertà di stampa. Il settore giornalistico, un tempo fiore all’occhiello della cultura e della democrazia italiana, si trova oggi a fronteggiare una serie di problematiche che minacciano il suo futuro.
Da un lato, la crisi economica che ha colpito il Paese negli ultimi anni, riducendo le risorse destinate ai giornali tradizionali e spinto molte redazioni a licenziamenti e ridimensionamenti. Dall’altro, le pressioni politiche e sociali sulla libertà di informazione, sempre più evidenti. In Italia, come in altri paesi europei, i giornalisti sono spesso vittime di minacce, intimidazioni e, in alcuni casi, attacchi fisici.
Il recente rapporto di Reporter Senza Frontiere ha posto l’Italia al 58° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, un dato allarmante che riflette la situazione di crescente difficoltà per chi cerca di fare informazione in modo libero e imparziale. La crescente concentrazione dei media nelle mani di pochi gruppi economici e politici è un altro fattore che alimenta le preoccupazioni per la pluralità dell’informazione. In sintesi, la stampa italiana sta vivendo un periodo di profonda trasformazione, in cui la sostenibilità economica e la libertà di stampa sono le sfide principali. Per fare il punto sulla situazione odierna abbiamo posto alcune domande a Vincenzo Cimino, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Molise, che così ci ha risposto:
Quali sono, a suo avviso, le principali sfide che il giornalismo italiano sta affrontando oggi?
I cartacei tentano di resistere mantenendo gli abitudinari, gli anziani e coloro che apprezzando l’approfondimento alla velocità della notizia, mantengono in vita la vecchia scuola. Stesso dicasi per le riviste di settore che continuano a catturare lettori indipendentemente dal caro prezzi. I telematici e le radio tv hanno un occhio sui social e puntano molto su chi arriva prima piuttosto su chi cura meglio i dettagli. Le sfide sono spesso legate alla velocità più che alla qualità, ma sulla qualità credo che dall’istruzione, alla politica, alla formazione, al commercio, insomma, pare che il trend sia globale.
In che modo la crisi economica del settore sta influenzando l’indipendenza e la qualità dell’informazione?
Meno copie, meno pubblicità, meno contratti, più precarietà, meno basi sulla previdenza, meno tutele sfaldano il sistema e di certo non incoraggiano, anche, chi vorrebbe avviarsi alla più bella delle professioni. La crisi, dunque, lacera il mercato e mette a rischio l’editoria, ma ritengo la categoria dei giornalisti molto onesta e trasparente. La politica e i mercati agiscono sugli editori, che restano dei privati che puntano a fare profitto. Per fortuna in Italia c’è una radio tv di Stato che resta un baluardo per tutti.
Come giudica il fenomeno delle “fake news” e qual è il ruolo dell’Ordine dei Giornalisti nel contrastarlo?
Le notizie false e parzialmente false sono sempre esistite. Come si contrastano? Con le fonti serie, la verifica delle stesse, i corsi formativi e fidandosi dei giornalisti e non degli improvvisati. Un po’ come le medicine: se le prescrivono i medici e le vendono i farmacisti, siamo tutti più tranquilli, se ci fidiamo degli amici, senza i titoli specifici, se ci fidiamo delle pubblicità, dei maghi, delle fattucchiere, dei social rischiamo di più.
Quali misure sono in atto per tutelare i giornalisti italiani dalle minacce fisiche e digitali che possono subire a causa del loro lavoro?
Poche, costose ed inefficaci. Troppi colleghi e, spesso, donne sono maltrattate dalla rete e subiscono linciaggi pubblici, ma è una caratteristica di una società malata. Occorrerebbe inasprire le pene. Poi, però, quando denunciamo i leoni da tastiera, tutti piangono e chiedono scusa: spesso ci sono minori, malati, frustrati, gente che non immagina le conseguenze di offese pubbliche che possono degenerare in rete. Basta leggere i commenti su di una collega che si veste provocante in tv, o che sbaglia un verbo, o un giornalista che esprime un concetto che non piace a qualcuno, o che commenta negativamente un episodio sportivo, un caso di giudiziaria ed erutta un vulcano di bestemmie, insulti, frasi che farebbero male a chiunque. Frasi spesso scritte anche da persone molto colte, da gente con profili falsi, da insospettabili. Una vergogna.
Il giornalismo d’inchiesta è sempre più raro in Italia: come si può incentivare la produzione di questo tipo di contenuti?
Il giornalista tutelato fa le inchieste e rischia. Poi ci sono coloro che ci credono a prescindere ai quali va tutto il mio sostegno. Eroi dell’informazione che spesso muoiono, fisicamente, socialmente o politicamente, sul campo.
In che modo l’Ordine dei Giornalisti si sta adattando alle nuove tecnologie e ai cambiamenti della comunicazione digitale?
Lo sta facendo agendo nelle istituzioni, con i corsi, in rete con gli altri Ordini, con le associazioni di categoria anche all’estero, con i sindacati. Ovviamente, si sta adeguando, puntando a vigilare sui cambiamenti.
Quanto influiscono la proprietà dei media e le pressioni politiche sulle redazioni giornalistiche italiane?
Dipende dalle redazioni e da come reagiscono i lettori.
Quali iniziative di formazione e aggiornamento professionale vengono promosse per garantire la qualità dell’informazione?
A migliaia. In Molise ne facciamo 1 ogni 3 giorni: giornalismo digitale, dizione, lingua dei segni, Intelligenza artificiale, fake news, privacì…. sono piccoli esempi.
Come viene trattata la questione della precarietà e dei bassi salari che caratterizzano molti giornalisti, soprattutto i più giovani?
Viene sottaciuta dal Parlamento, che non legifera, evitando di cambiare la nostra legge ferma al 1963. Viene messa a dura prova, con una Cartabia che ostacola il nostro lavoro e una legge 150/2000 inapplicata e dal mondo accademico, che preferisce, i comunicatori pubblici, ai giornalisti. Poi ci sono tutte queste figure social che mi fanno venire da ridere.
Quali cambiamenti legislativi potrebbero migliorare le condizioni lavorative dei giornalisti e la libertà di stampa in Italia?
Modificare l’accesso alla professione è fondamentale. Laurea obbligatoria e iscrizione all’albo come per tutte le altre professioni, ma alla politica non conviene. Io sono stanco di ripeterlo, forse, se non lo dico più, cambia qualcosa. Facciamo così: in Italia va tutto bene: mantenete una legge che non annovera nemmeno i fax.
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