PAPALE: «Nessuno ha mai utilizzato le trivelle in condizioni estreme con l’intenzione di lasciare dei pozzi operativi a lungo termine, per cui bisogna capire quali siano i migliori materiali da impiegare, sia per la costruzione dei pozzi, sia per la strumentazione che vi verrà installata, in zone dove le temperature raggiungono i 900°C e l’estrema acidità dei fluidi circolanti rende le condizioni altamente corrosive.».
di Piero Mastroiorio –
Un ambizioso obiettivo muove la costruzione del primo osservatorio magmatico a lungo termine all’interno di un vulcano, il Krafla, che sarà realizzato nell’ambito progetto internazionale KMT, Krafla Magma Testbed, che vede in prima linea i ricercatori italiani dell’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, per la messa in opera di questa importante infrastruttura capace di raggiungere direttamente il magma per comprenderne le caratteristiche al di sotto della superficie terrestre.
«Il KMT vuole creare un osservatorio magmatico costituito da una serie di pozzi aperti direttamente all’interno, intorno e al di sotto del magma. Attrezzati con una strumentazione in grado di operare in condizioni estreme, questi osservatori ci permetteranno di ampliare le nostre conoscenze sui sistemi vulcanici e di comprendere, in maniera più approfondita, le relazioni tra ciò che avviene all’interno di un corpo magmatico e le relative misure effettuate in superficie. Lo studio del magma, infatti, fino ad oggi si è basato su speculazioni e osservazioni indirette proprio per la difficoltà di raggiungimento e campionamento in situ. Attualmente l’INGV sta effettuando simulazioni per comprendere i processi fisici che si verificano quando le trivelle raggiungono il magma. L’“incontro” è già avvenuto in passato in maniera accidentale: nel 2009 dei trivellatori a lavoro per l’utilizzo dell’energia geotermica perforarono una camera magmatica al Krafla ma non si verificarono fenomeni importanti», spiega Paolo Papale, vulcanologo dell’INGV.
Le domande a cui intende rispondere il progetto sono di natura scientifica, tecnologica ed industriale, come spiega il vulcanologo dell’INGV, Paolo Papale: «Nessuno ha mai utilizzato le trivelle in condizioni estreme con l’intenzione di lasciare dei pozzi operativi a lungo termine, per cui bisogna capire quali siano i migliori materiali da impiegare, sia per la costruzione dei pozzi, sia per la strumentazione che vi verrà installata, in zone dove le temperature raggiungono i 900°C e l’estrema acidità dei fluidi circolanti rende le condizioni altamente corrosive. Dal punto di vista scientifico, KMT ci permetterà di imparare molto nell’individuazione di magma al di sotto di vulcani attivi, e sulle relazioni tra misure di superficie e dinamiche magmatiche profonde, consentendo un livello di comprensione più avanzato sui processi vulcanici e sulla loro pericolosità. Inoltre, sarà possibile studiare alcuni aspetti fondamentali per le attuali teorie sull’origine dei continenti.
Per quanto riguarda il settore energetico, il KMT permetterà di studiare le possibilità di sfruttamento di energia proveniente direttamente dal magma, aumentando enormemente l’efficacia e la rilevanza dell’energia geotermica, che è una forma di energia pulita e rinnovabile.
Il KMT, infine, potrà rappresentare un modello per identificare e predisporre altri siti idonei ad ospitare questo tipo di infrastruttura. L’Italia, come Paese vulcanico, è un candidato e potrebbe, in futuro, beneficiare delle ricadute positive del progetto anche in campo industriale.».