UNC, Unione Nazionale Consumatori, stila una speciale classifica dei rincari fra i prodotti alimentari e non alimentari, in cui segala i rincari di olio e pasta, carne e pesce, mentre, il pane, sembra salvarsi da speculazioni ed aumentino, fuori classifica, i giochi, tradizionali ed elettronici, con il Natale alle porte.
di Redazione —
La classifica dei rincari stilata dall’UNC, Unione Nazionali Consumatori, si compone di due parti: i rialzi sui prodotti alimentari e quella degli altri prodotti e servizi. Nel settore alimentare, a ottobre rincarano prodotti di uso quotidiano come l’olio di oliva a più 4,7% e la pasta che segna più 4,6%, la carne e il pesce, fresco e surgelato. Preoccupano i rincari della farina, che è ingrediente di base di tanti altri prodotti. Il pane, in aumento del +più 1,2%, appare essere ancora in linea con l’andamento dell’inflazione, anche se le segnalazioni sono diverse e molti stanno raccontando di un pronunciato “caro pane” e prodotti da panificio.
Dalla classifica dei rincari dell’UNC, che ha elaborato i dati ISTAT, Istituto di Statistica nazionale, si evince, che, in quella alimentare, a lievitare nel mese di ottobre ci sono in testa i prezzi degli oli diversi da quello di oliva, che costano il 17,7% in più rispetto a un anno fa. Al secondo posto i Frutti di mare freschi o refrigerati con +6%. Sul gradino più basso del podio l’olio di oliva, che vola del 4,7%. Al quarto pasto il prodotto simbolo dell’identità culinaria italiana, la pasta, che svetta del 4,6%. Al quinto posto la carne ovina e caprina che segna un incremento del 3,5%, battendo tutte le altre carni, coniglio e carne equina +2%, suina +1,8%, pollame +1,8%, bovina +1,3%. Seguono in sesta posizione, ex aequo, Pesce fresco o refrigerato e Vegetali surgelati diversi da patate, entrambi a +3,1%, in settima l’acqua minerale, +2,8%, poi i succhi di frutta con +2,6%. In nona posizione tre prodotti che salgono del 2,5%: il latte conservato, molto consumato dalle famiglie, la Margarina e la Farina, un rialzo, quest’ultimo, molto preoccupante considerato che è la materia prima per molto altri prodotti e che lievita dell’1,2% in appena un mese. Chiude la classifica il riso, +1,9%. Mentre in testa alla classifica dei prodotti non alimentari, ci sono i voli, quelli internazionali fanno segnare un astronomico +38,8%, rispetto a ottobre 2020, mentre quelli nazionali fanno segnare +19,9%. Al secondo posto c’è il gas, +33,3% su base annua, al terzo il Gpl e il metano per auto, con un balzo del 33%, al quarto il gasolio con +23,5% quello per i mezzi di trasporto e +22,3% quello per il riscaldamento. In quinta posizione la benzina, +22,1%. Seguono telefoni fissi e fax, +21,4%, energia elettrica in settima posizione con +17,7%, macchine per il caffè (+15,5%) e macchine fotografiche e telecamere (+15,3%).
«Anche se fuori dalla top ten, preoccupa, in previsione del Natale, il rincaro dei giochi, tradizionali ed elettronici, che già a ottobre segnano +5,7% su base annua ma addirittura +2,4% su settembre e che scontano i problemi di approvvigionamento dalla Cina. In compenso alcune buone notizie. Nessuna speculazione per ora sul pane, che segna un aumento dell’1,2%, ma in linea con la media dei prodotti alimentari. Bene anche latte fresco intero e formaggi, ambedue +1,1%. Su base annua c’è un ribasso dell’1,3% sul tè. In calo, secondo l’associazione, anche la frutta fresca e il cioccolato, le uova e gli alimenti per bambini», aggiunge l’UNC, che attraverso le parole del suo Presidente, Massimiliano Dona, spiega: «L’inflazione ha registrato un’impennata preoccupante, più che raddoppiando da giugno a ottobre, passando dal +1,3% al +2,9%. La ragione principale dipende dai beni energetici, luce gas e benzina, senza i quali l’inflazione annua di ottobre scenderebbe dal 2,9 all’1,1%, ma anche alcuni beni alimentari stanno subendo preoccupanti rialzi, anche per colpa delle materie prime, come il calo della produzione di frumento duro in Canada e Stati Uniti. In ogni caso urge un intervento del Governo per raffreddare i prezzi, soprattutto dei carburanti che incidono su tutta la merce trasportata su gomma. Se l’inflazione proseguisse con questo stesso ritmo, già a novembre salirebbe al 3,2% e questi rincari potrebbero determinare una gelata sui consumi, con effetti nefasti sul Natale.».