Più di 60 ricercatori ed esperti hanno contribuito al progetto, che ha riguardato un’area di circa 2.500 km2, a cavallo tra le Regioni Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche, interessata da oltre 118.000 eventi sismici tra il 2016 e il 2019.
di Redazione —
Un modello 3D del volume crostale in cui si è generato il terremoto di Amatrice del 24 agosto 2016 e la successiva sequenza sismica: è uno dei risultati del progetto RETRACE-3D, CentRal italy EarThquakes integRAted Crustal model, , un lavoro portato avanti congiuntamente dal Dipartimento della Protezione Civile assieme agli istituti di ricerca CNR-IGAG, CNR-IREA, INGV e ISPRA per l’elaborazione di prodotti originali che rappresentano un punto di vista innovativo sulla sismotettonica dell’Appennino Centrale.
Più di 60 ricercatori ed esperti, appartenenti agli Istituti citati o a realtà universitarie associate, hanno contribuito al progetto, che ha riguardato un’area di circa 2.500 km2, a cavallo tra le Regioni Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche, interessata da oltre 118.000 eventi sismici tra il 2016 e il 2019. Anche due realtà private come Eni e Total hanno accettato di contribuire al progetto, fornendo una considerevole mole di dati, profili sismici a riflessione, stratigrafie di pozzi profondi, dati gravimetrici e magnetici, rapporti scientifici e tecnici, frutto delle proprie attività nella zona, mettendo a disposizione il proprio know-how. Tutti gli Istituti di ricerca coinvolti, inoltre, hanno reso disponibile per il progetto il contenuto delle proprie banche dati.
Il progetto RETRACE-3D ha effettuato una revisione di tutti i dati geologici e geofisici disponibili nell’area interessata dalla sequenza sismica dell’Italia Centrale del 2016-2017, con l’obiettivo finale di ricostruire un modello geologico 3D affidabile e coerente di quell’area e definire con accuratezza la distribuzione tridimensionale nel sottosuolo delle più rilevanti unità geologiche e delle faglie principali, comprese quelle sismogeniche. Obiettivi certamente impegnativi ma fondamentali, in quanto mancava per quelle aree cruciali un modello geologico completo e un’immagine 3D dettagliata della crosta fino a circa 10-15 km di profondità.
Il lavoro ha confermato ancora una volta la necessità di un approccio tridimensionale per cogliere appieno la complessità tettonica esistente. Fin dai primi giorni della sequenza sismica, era infatti apparsa piuttosto chiara per la comunità scientifica la difficoltà nel cercare di mettere in relazione gli elementi strutturali di superficie con gli allineamenti di sismicità osservati in profondità.
L’idea del progetto è nata subito dopo il devastante terremoto del 24 agosto 2016, presso la DICOMAC istituita a Rieti dal Dipartimento della Protezione Civile, da dove si coordinava la gestione dell’emergenza. Una delle peculiarità del modello italiano di protezione civile, infatti, è lo strettissimo rapporto tra la gestione operativa e il ruolo della comunità scientifica, immediatamente coinvolta sul campo con compiti di monitoraggio, analisi e valutazione. Principio guida del lavoro è stato la convinzione che più ampia è la comunità scientifica coinvolta e più alto è il valore del prodotto finale.
Valore aggiunto del progetto è il suo essere un modello virtuoso e facilmente riproducibile di collaborazione istituzionale e scientifica, che include una costruttiva sinergia pubblico-privato. Raramente sono stati messi a disposizione contemporaneamente dei dataset di così alta qualità, un livello di competenza così significativo e la possibilità di integrare così tante informazioni e know-how multidisciplinari per studiare un’area come quella colpita dalla sequenza sismica dell’Italia Centrale del 2016-2017. Concepito durante un’emergenza sismica, il progetto può rappresentare uno schema di lavoro di successo da attivare rapidamente in caso di emergenze simili, ma applicabile anche in ordinario ad aree specifiche ad elevata sismicità, preparando in anticipo modelli geologici, a sostegno di interpretazioni più affidabili sull’attivazione delle faglie e sulla relativa pericolosità.