POLITI: «Sotto la falsa etichetta dell’eutanasia i promotori chiedono, in realtà, di abrogare il reato di omicidio del consenziente, il che consentirebbe a chiunque di farsi uccidere per qualsiasi motivo e con qualsiasi mezzo, anche per una delusione amorosa, una difficoltà economica o per mera ‘stanchezza’ di vivere.».
di Redazione —
«Oggi gli avvocati di Pro Vita & Famiglia sono stati ascoltati dalla Consulta e hanno ribadito le ragioni per cui riteniamo il quesito dei Radicali costituzionalmente inammissibile: la vittoria del Sì sconvolgerebbe l’intero ordinamento italiano a tutela del bene vita e, in particolare delle vite più fragili esposte a ogni sorta di condizionamento.
Speriamo che la Corte voglia confermare la sua stessa risalente e consolidata giurisprudenza sull’ammissibilità dei referendum, senza cedere a pressioni mediatiche», è il commento di Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia.
«Come ribadito oggi nella discussione davanti alla Corte Costituzionale sotto la falsa etichetta dell’eutanasia i promotori chiedono, in realtà, di abrogare il reato di omicidio del consenziente, il che consentirebbe a chiunque di farsi uccidere per qualsiasi motivo e con qualsiasi mezzo, anche per una delusione amorosa, una difficoltà economica o per mera ‘stanchezza’ di vivere.
Ammettere il quesito significherebbe rendere l’ordinamento italiano indifferente alle difficoltà esistenziali dei cittadini, ben al di là dell’eutanasia e contro quanto sancito dall’articolo 3 della Costituzione, che impegna la Repubblica a rimuovere gli impedimenti allo sviluppo umano della persona. Eliminare questa tutela minima del bene vita significherebbe stravolgere l’intero ordinamento fin nei suoi principi fondamentali», conclude Tommaso Politi, legale della Onlus.