Senza diniego, dal 30 giugno 2024, con il FSE, Fascicolo Sanitario Elettronico, verranno consegnati, nel silenzio generale, alle Regioni tutti i dati sulla salute di noi cittadini e gli esami antecedenti maggio 2020. Come può il cittadino opporsi a questo nuovo tentativo di controllo di massa, con il rischio concreto che tali dati sensibilissimi finiscano nelle mani sbagliate?
di Piero Mastroiorio —
C’è tempo fino a domenica 30 giugno 2024 per opporsi al caricamento di documenti e dati clinici personali relativi a prestazioni erogate dal nostro Sistema Sanitario Nazionale, attraverso il portale legato alla Tessera Sanitaria www.sistemats.it. Il caricamento dati personali nel FSE, Fascicolo Sanitario Elettronico, venne deciso nel 2020 con il decreto legge numero 34 che, a differenza della normativa precedente, stabilente come il “consenso all’alimentazione” dovesse essere esplicitamente espresso dall’assistito, ha attivato la modalità di silenzio/assenso sulla procedura, per cui se il cittadino non esercita il suo diritto di opposizione, vedrà caricata in automatico tutta la storia della propria vita sanitaria, sia essa attuale che antecedente il 19 maggio 2020, data di pubblicazione del decreto.
A cosa serve il fascicolo sanitario elettronico?
Rispondiamo con le parole che si leggono nel sito del Ministero dell’Innovazione: serve ad «una migliore prevenzione e cura dei pazienti, assicurando continuità assistenziale, servizi innovativi e personalizzazione della cura su tutto il territorio nazionale.». Quindi, ognuno di noi potrà consultare la propria storia sanitaria personale in formato digitale, oltre a documenti di tipo amministrativo come prescrizioni mediche e farmaceutiche, soprattutto, renderà accessibili i dati a qualsiasi medico su tutto il territorio nazionale, nonché, darà la possibilità alla ricerca scientifica e statistica di incrociare i documenti di 60.000.000 di pazienti, per costituire un database utile all’elaborazione di migliori cure.
Si qui tutto bene, atteso che potremo essere curati senza rischi in un qualsiasi posto e la ricerca farà passi da gigante con l’incrocio dei dati, ma, come sempre c’è un ma ed alcune domande, che ancora non trovano risposta, neppure dalle autorità di garanzia: che fine farà la protezione dei dati personali e la sicurezza delle informazioni diffuse online, con quali garanzie? Quali assicurazioni abbiamo che i nostri dati sensibili, meglio sensibilissimi, non finiscano nelle mani di altre amministrazioni, con finalità diverse da quelle sanitarie? Come potrebbero essere usati dopo essere finiti in queste mani? L’Italia è davvero pronta a gestire in sicurezza le informazioni sanitarie dei suoi cittadini o saranno gestiti alla solita maniera?
Il problema della protezione dei dati personali è concreto: gli attacchi alle strutture ospedaliere in Italia sono aumentati, tanto da far segnare, rispetto al 2019, un più 47%.
Ottimo l’intento, almeno sulla carta, di migliorare l’assistenza al cittadino, però le condizioni per realizzare questo progetto sono precarie e le finalità si tingono di nero, manca una comunicazione pubblica su rischi, benefici e obiettivi più o meno trasparenti, innescando polemiche e silenzi.
Sarà una gestione all’italiana, come quella del green pass, quando il Garante per la privacy aveva invitato governo, Regioni, ministeri della Salute, del Lavoro e quello dell’Innovazione a procedere con «un’idonea campagna nazionale d’informazione», mai messa in piedi, fidandoci delle idee e delle certezze dei soliti improvvisati esperti che additeranno, come oscurantisti, quei cittadini che osano porsi domande, quando non arriva nessuna spiegazione, su dove e come saranno gestiti i nostri dati sensibili e quali misure saranno adottate per prevenire ed evitare furti di dati ed identità digitali? Come può fare il cittadino, attesa l’assente l’assenza di una campagna d’informazione capace di spiegare al cittadino come avvalersi dei suoi diritti, incluso quello di dire no?
A quest’ultima domanda si può rispondere in maniera semplice, fino a domenica 30 giugno, il cittadino può, come spiegato dal Garante della Privacy, chiedere l’oscuramento di tutti i dati sanitari contenuti nel fascicolo, per renderli consultabili solo ed esclusivamente dall’interessato e ai titolari che hanno generato i documenti in questione.
Il diritto di rifiuto può essere esercitato, unicamente online, attraverso il portale del sistema tessera sanitaria, digitando su un qualsiasi motore di ricerca «fascicolo sanitario», con il nome della propria Regione, apparirà un riquadro con scritto: «Fascicolo sanitario elettronico: fino al 30 giugno puoi opporti all’inserimento del pregresso». Dopo aver sorriso per l’anacronistica scritta, cliccando sul link presente nel riquadro www.salute.gov.it/campagnafse, si arriva direttamente sul sito del ministero, dove si deve cliccare sul riquadro «Come opporsi al pregresso», sorridendo sempre per il motivo di prima, si trova un altro link, www.sistemats.it, che dovrà essere attivato, cliccandoci sopra, per poi seguire la procedura a schermo.
Per tutte le operazioni è necessario utilizzare lo SPID, la CIE, Carta d’Identità Elettronica, o la CNS, la Carta Nazionale dei Servizi. In mancanza di strumenti di identità digitale, è sufficiente accedere all’area libera del Sistema Tessera sanitaria, con la tessera sanitaria, o con il codice STP, Straniero Temporaneamente Presente, riconosciuto, anche, ai cittadini extra Ue Irregolarmente presenti sul territorio, oppure, rivolgendosi gratuitamente alla propria Asl o negli ambulatori Usmaf-Sasn del Ministero della Salute.
Inutile ribadire che, tutti coloro che non si opporranno si ritroveranno, automaticamente, con i propri dati e documenti sanitari antecedenti al 19 maggio 2020, consultabili, anche, con finalità di natura non sanitaria e, che, in caso di accesso al pronto soccorso a prevalere sulla privacy sarà l’emergenza, quindi il personale sanitario avrà comunque accesso a tutti i dati del paziente per erogare la cura migliore e più efficace in base alle necessità.