ITALIA

Nuova metodologia di analisi per i sedimenti marini delle aree inquinate

I risultati di uno studio, pubblicati sulla rivista Chemosfere, suggeriscono come il CoDA, Compositional Data Analysis, possa essere un valido strumento per discriminare le sorgenti degli elementi tossici contenuti nei sedimenti marini nelle aree inquinate.

di Piero Mastroiorio —

The first application of compositional data analysis (CoDA) in a multivariate perspective for detection of pollution source in sea sediments: The Pozzuoli Bay (Italy) case study” appena pubblicato sulla rivista Chemosfere, condotto da ricercatori dell’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dell’Università degli Studi Federico II di Napoli e dell’Università degli Studi del Sannio, è lo studio il cui obiettivo è determinare le cause dell’inquinamento del sito ex industriale di Bagnoli (NA), dismesso ormai da oltre 30 anni, attraverso l’utilizzazione del metodo di analisi dei dati composizionali, Compositional Data Analysis – CoDA, applicato ai sedimenti marini della Baia di Pozzuoli dove l’origine degli elementi metallici e metalloidi presenti è oggetto di ampio dibattito.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Chemosfere, suggeriscono come il CoDA, Compositional Data Analysis, possa essere un valido strumento per discriminare le sorgenti degli elementi tossici contenuti nei sedimenti marini nelle aree inquinate.

Area di studio nella zona di Bagnoli (Na)

«Sono stati esaminati gli elementi inquinanti contenuti nei sedimenti marini prelevati durante una campagna di monitoraggio eseguita nel 2017 nell’ambito del Progetto ABBaCO. I risultati ci hanno permesso di evidenziare che alcune classi di inquinanti (mercurio, cadmio, rame, piombo e zinco) sono molto diffuse nei sedimenti depositati di fronte all’ex sito industriale», spiega Renato Somma, ricercatore dell’INGV e primo autore della pubblicazione.
«Con tale metodologia si è prodotta una mappatura specifica delle sostanze inquinanti, e soprattutto delle sorgenti di inquinamento; anche perché in quest’area vulcanica attiva, caratterizzata da una marcata attività idrotermale con emissioni fumaroliche, l’inquinamento di origine antropica si intreccia fortemente con quello di origine naturale, geo-genico», afferma Pooria Ebrahimi dell’Università di Napoli Federico II.


«I risultati di tale caratterizzazione offrono importanti elementi per la migliore individuazione degli interventi di bonifica di un’area altamente inquinata e da anni oggetto di progetti di rivalorizzazione urbana. Ad esempio, nei sedimenti marini sono stati rilevati valori di arsenico molto alti considerazione, questa, importante se si considera che attualmente l’origine più accreditata sembra individuarsi solo nelle fumarole sottomarine: il nostro studio dimostra che non è così», sono le parole di Giuseppe De Natale, ricercatore dell’INGV, a cui hanno fatto eco quelle del Renato Somma, che conclude: «Uno dei risultati più importanti di questo studio è stata la determinazione che tale fonte geo-genica di ‘inquinamento’ da arsenico è trascurabile; al contrario, siamo riusciti ad identificare una sorgente più importante, anche se forse non unica, nel canale di sversamento delle acque di drenaggio di Agnano.».

Piero

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