BUONVINO: «Lo scopo è quello di aiutare i pazienti, nel caso specifico ristretti, affetti da sequele di infezione, attraverso interventi mirati, ad alleviare e combattere i sintomi ed a favorire lo svolgimento delle attività quotidiane fino all’attivo ed autonomo reinserimento nelle proprie attività in ambito familiare, sociale, lavorativo e della vita all’interno dell’istituto penitenziario.».
di Redazione —
Sul piano della prevenzione, l’ Unità operativa complessa di Medicina Penitenziaria, diretta dal dottor Nicola Buonvino, si avvale di un servizio di ecografia polmonare di grande utilità nella gestione della polmonite da Covid-19, per sicurezza, ripetibilità, assenza di radiazioni e facile utilizzo al letto del malato, come spiega lo steso direttore dell’ Unità complessa di Medicina penitenziaria, sottolineando: «La sensibilità e la specificità dell’esame in periodo pandemico sono inoltre elevatissime è in grado di intercettare le minime alterazioni iniziali della pneumopatia, di stimare un indice di gravità e di possibile evoluzione. Non deve comunque mai essere disgiunta dalla clinica, insieme possono diventare il punto di forza nella diagnosi precoce e per stimare una prognosi può aiutare nella decisione di ospedalizzazione e utilissima nella gestione del decorso.».
L’ecografia polmonare inoltre fornisce risultati simili alla TC toracica e superiori all’RX torace standard per la valutazione della polmonite e /o dell’ARDS, la sindrome da distress respiratorio dell’adulto. Pertanto, grazie all’attivazione del servizio di ecografia è possibile diagnosticare possibili polmoniti da Covid e monitorare i pazienti/detenuti positivi anche presso la zona di isolamento degli istituti.
La Medicina penitenziaria ha aderito inoltre al progetto di riabilitazione Covid@Casa, promosso da Regione, Aress e Protezione Civile regionale, orientato alla presa in carico del paziente nella fase post Covid, da parte del team riabilitativo e finalizzata al massimo recupero, nonché al consequenziale miglioramento della qualità di vita.
«Lo scopo è quello di aiutare i pazienti, nel caso specifico ristretti, affetti da sequele di infezione, attraverso interventi mirati, ad alleviare e combattere i sintomi del virus ed a favorire lo svolgimento delle attività quotidiane fino all’attivo ed autonomo reinserimento nelle proprie attività in ambito familiare, sociale, lavorativo e della vita all’interno dell’istituto penitenziario», dice concludendo il dottor Buonvino.
Ogni trattamento riabilitativo viene personalizzato e tiene conto del quadro clinico rilevato nella fase acuta e in quella post-acuta, nonché di eventuali ulteriori condizioni patologiche preesistenti alla infezione virale.