di Antonio AltieriPresidente Gioventù Antoniana Foggia

Quando si parla di Confraternite diventa quasi superfluo ricordare che le diverse associazioni laicali venute alla luce sotto questa accezione nella maggioranza dei casi sono tutte realtà sorte prima del Concilio Vaticano II. La natura stessa delle Confraternite, legata strettamente a quella delle “corporazioni medievali“, sottolinea come queste nella storia abbiano avuto un ruolo determinante di mediazione tra l’autorità civile e religiosa, rispetto alle quali godevano di una notevole autonomia grazie alla quale molte di loro hanno potuto dare un enorme contributo allo sviluppo artistico della società edificando chiese arredandole con opere d’arte dipinti e sculture.

Questo ruolo di gradino intermedio tra la comunità civile e quella religiosa le Confraternite lo hanno ricoperto per molti secoli a volte modificandone i programmi devozionali evolvendosi molto lentamente nei secoli, così lentamente che dal devozionalismo tipico del medioevo, passando per il periodo barocco per giungere alle epoche moderne hanno sempre conservato le primordiali caratteristiche di affinità con le antiche “corporazioni medievali” fino a diventare molto simili a quelle che oggi chiameremmo associazioni di categoria: se nel XII secolo le corporazioni erano associazioni formatesi con il fine di regolamentare e tutelare le attività degli appartenenti ad una stessa categoria professionale, nel XIX e fino alla metà del XX secolo le Confraternite giungono a noi con la stessa impronta.

In ogni città molte delle confraternite sono state legate ad una figura professionale, si pensi alla “Pia Unione macellai Militi dell’Immacolata” di Padova meglio conosciuta come “Confraternita dei Macellai di Sotto il Salone“. Anche nella nostra Diocesi, a Foggia, quasi tutte le confraternite rappresentavano una categoria professionale come i panettieri della Pia Unione Gioventù Antoniana, i muratori della Confraternita del Carmine, i fabbri e gioiellieri di Sant’Eligio, i barbieri e i sarti di Santa Monica, i commercianti del SS. Sacramento e i bottari e mastri carrai della Confraternita di San Giuseppe.

Con il progresso civile del XIX secolo, le nuove invenzioni, le nuove forme di comunicazione anche la chiesa sente il bisogno di rinnovarsi e di stabilire nuove regole e lo fa con il Codice Piano Benedettino il quale altro non è che il Codice di Diritto Canonico promulgato da Benedetto XV nel 1917 che resterà in vigore fino al 1983.

Il Codice Piano Benedettino sanciva l’importanza delle Confraternite nel contesto ecclesiale attraverso la stesura di ben 26 canoni (dal 700 al 725, Parte III, Titolo XIX) dandone una precisa definizione nei Canoni 707-708. Dunque se l’autorità ecclesiastica dava definizione di Confraternite e Pie Unioni orientando verso queste una intera sezione di normative dedicate ai laici equivale a riconoscere che la vita della Chiesa, compreso le attività liturgiche e caritative, non erano solo prerogativa del Clero.

PADOVA, CONFRATERNITA DEI MACELLAI DEL SOTTO IL SALONE – Foto: ©2016 A. Altieri

Se da un lato le Confraternite con il Piano Benedettino potevano tirare un sospiro di sollievo e veder rifiorire le proprie fila con nuove adesioni, impegnarsi nelle organizzazioni di feste devozionali coronate da festose pompe in ambito civile, realizzare un numero indefinito di Cappelle Funerarie riempiendone i cimiteri italiani, dall’altro incombeva il forte bisogno da parte della Chiesa di promuovere l’incremento della fede, il rinnovamento dei costumi e l’aggiornamento della disciplina ecclesiastica, così si arrivò all’11 ottobre 1962 quando venne aperto il Concilio Vaticano II che darà, come vedremo, un forte scossone alla vita dei sodalizi

Già dalle prime stesure degli schemi conciliari (1963) il tema “Confraternite” andava assottigliandosi per poi finire inglobato nello schema De apostolatu laicorum (1964) dove solo nel punto 15 c’è un implicito accenno alle Confraternite insieme alle altre “associationes fidelium“. Il cambiamento radicale arriverà con lo schema del 1965 dove non ci sarà più il riferimento ai Canoni 700-725 del Piano Benedettino, e quindi alle Confraternite e Pie Unioni per le quali gli schemi precedenti auspicavano la sopravvivenza, ma spiccherà la volontà di un testo che non parlasse più di specifiche forme organizzate a discapito dell’apostolato personale. In sostanza per i Padri Conciliari bisognava dare importanza al laicato secondo i principi di natura, indole e varietà. L’emendamento sottolineò le differenze di contenuti già nel titolo che da “De formis associativis” divenne De variis apostolatus modis“.

Per quanto riguarda il punto 15 associationes fidelium in iure condido et condendo ovvero “associazioni di fedeli nel diritto fondate” si ritenne di abolirlo sostituendolo con uno stringato proemio: “Laici suam actionem apostolicam exercere possunt vel ut singuli vel in variis communitatibus aut associationibus coadunati” ovvero “i laici possono esercitare l’attività apostolica o individualmente o uniti in varie comunità e associazioni“.

Il Decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam Actuositatem al Capitolo IV ci presenta dunque De variis apostolatus modis che sembra quasi determinare la fine della storia delle Confraternite se non interpretato con lo spirito giusto. Certo alle menti più conservatrici, ai custodi delle tradizioni e a coloro che dopo il Piano Benedettino hanno trasformato le Confraternite in imprese di servizi il Decreto sul laicato è stato lo sfacelo totale. Infatti si è notato già dagli anni ’70 un declino delle Confraternite, sempre meno adesioni, sempre più distanza tra l’attività confraternale e quelle parrocchiali a favore di un ambiente sempre più sterile limitato a tenere vive le ultime tradizioni e presenziare a qualche processione, ultime pratiche che spesso e purtroppo sono servite a garantire soltanto una continuità della gestione delle cappelle funerarie.

Noi cristiani sappiamo bene che siamo una Chiesa sinodale che rivolge il suo sguardo a ciò che siamo chiamati a diventare nel medio-lungo periodo. Nelle grandi sfide e questioni che interpellano tutti, decidere e scegliere insieme è garanzia di fedeltà al Signore e di comunione. A cosa mirava dunque la Chiesa con quel documento sul laicato?

Il Vaticano II fu lungimirante sotto questo aspetto nel dichiarare attraverso indicazioni dottrinali la completa apertura ad ogni forma di apostolato, nella piena libertà che è prerogativa di ogni uomo. Restringere il laicato alle sole confraternite, pie unioni e Terz’Ordini annoverate al Piano Benedettino avrebbe pregiudicato tutto quello che i nuovi tempi avrebbero potuto offrire, lasciando spazio ad infinite forme associative per una apertura a 360 gradi.

Secondo questa accezione del Decreto Conciliare le Confraternite non hanno perso nulla del loro valore intrinseco e del loro passato, anzi gli viene offerto un futuro che va ben oltre la mera attività religiosa proiettandole verso il III millennio con il ruolo preciso: l’impegno che le Confraternite devono assumere non si riduce soltanto alla santificazione dei propri membri ma si deve affacciare sul mondo esterno del contesto contemporaneo in consonanza con la Chiesa sinodale.

In conclusione possiamo affermare che in una società ricca di esperienze e soddisfazioni terrene, in un epoca di consumismo e di benessere non serve più accentuare pratiche religiose o paraliturgiche di carattere espiatorio e penitenziale, (tradizioni da non snobbare e soprattutto da non perdere), ma bisogna sapere usare i tanti mezzi materiali, culturali e comunicativi con criteri diversi da quelli che la società moderna ci propone a favore della evangelizzazione, della missione e dell’apostolato e soprattutto dare una nuova chiave di lettura a quelle opere di misericordia tipiche delle attività confraternali.

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