Un’intervista per conoscere l’insegnante sanseverese, la cui nomina a “Docente dell’Anno 2025” dipende da tutti noi, che, se vogliamo premiare Luisa, per il suo impegno, non dobbiamo fare altro che sostenere la sua candidatura votando con un like nel link del video oppure digitando, nella ricerca su YouTube, “Luisa Bella d’Errico Docente dell’Anno”.
di Piero Mastroiorio —

La professoressa di San Severo, in Provincia di Foggia, Luisa Bella d’Errico, architetto e docente in Tecnologia nelle scuole di primo grado, scrittrice del libro “Caino fu bullo di Abele!” é candidata al premio Docente dell’Anno 2025. Luisa con un approccio unico e innovativo ha saputo coinvolgere gli studenti in un percorso di crescita non solo scolastica, ma anche personale.
La sua metodologia didattica si distingue per l’uso di tecniche moderne che stimolano la curiosità e il pensiero critico, creando un ambiente dove ogni studente può sentirsi valorizzato. La professoressa è anche un punto di riferimento per la comunità scolastica, dedicandosi non solo alla formazione, ma anche alla crescita emotiva e sociale degli alunni.
La sua nomina a “Docente dell’Anno 2025” dipende da tutti noi, per cui, se vogliamo premiare Luisa, per il suo impegno, non dobbiamo fare altro che sostenere la sua candidatura votando con un like nel link del video, oppure, digitando nella ricerca su You Tube, “Luisa Bella d’Errico Docente dell’Anno”.
Per conoscere meglio la nostra insegnante sanseverese ed il suo lavoro, che va oltre la semplice trasmissione di conoscenze, che ogni giorno ispira e motiva i propri studenti a raggiungere nuovi traguardi, le ho posto le seguenti domande:
- Cosa ti ha motivata a candidarti per il titolo di Insegnante dell’Anno?
Mi ha mosso a candidarmi la leggerezza di partecipare a un gioco, mettendo in alta considerazione anche la sconfitta. Mi ha spinto la terzietà della misurazione oggettiva del percorso professionale che ho progettato dal giorno in cui ho deciso che studiare per sé è interessante e appagante. Non ho mai pensato che partecipare a questa competizione significasse primeggiare sugli altri, ma ho ritenuto semplicemente di dover espormi a rappresentare la categoria di professionisti e docenti cui appartengo. Infatti, nelle scuole, soprattutto della mia città, ho potuto confrontarmi con un alto livello di preparazione e generosità intellettuale degli insegnanti, circostanza che mi ha spronata a non rimanere indietro.
- Quale è la tua filosofia educativa e come cerchi di applicarla nella tua classe?

Cerco di promuovere un sereno confronto, di adottare la didattica motivazionale, l’incoraggiamento dei piccoli passi e il riconoscimento dei successi difficili. È fondamentale l’empatia: capire perché un alunno potrebbe detestarti; pesare il linguaggio espressivo. Mettere in discussione l’efficacia di alcuni procedimenti perché vincenti con alcuni ragazzi ma inadeguati con altri. Mi riconosco nel docente facilitatore delle competenze e non in quello dispensatore di conoscenze.
- In che modo cerchi di coinvolgere gli studenti in modo attivo durante le lezioni?
Cerco di adottare un linguaggio comunicativo efficace e cortese. Non mi risparmio nel manifestare le mie emozioni (disapprovazione o gioia) come conseguenza del loro lavoro. Soprattutto, cerco di stabilire un rapporto di fiducia reciproca come chiave del successo formativo. Valorizzo molto gli insuccessi. Rendo concreti ed esperienziali i contenuti teorici. Infine, io e i ragazzi cerchiamo di contestualizzare la disciplina nella quotidianità.
- Quale è stato il momento più gratificante della tua carriera da insegnante fino ad ora?
Il momento più significativo della mia carriera da docente si è verificato quando ho visto cambiare giorno dopo giorno un alunno con un forte disagio socio-culturale. Mi sono emozionata nel sentirlo esprimersi con una vibrante delicatezza d’animo, nel leggere le sue poesie, scritte prendendo spunto dagli argomenti trattati. Mi sono commossa e compiaciuta quando ho costatato la sua personale filosofia di vita, spicciola ma vera e dura verso il presente e tanto ricca di speranza per il futuro.
- Come gestisci le difficoltà o le sfide che emergono durante l’anno scolastico?
Le difficoltà e le sfide le vedo come i livelli di percorso dei videogiochi: tra una caduta, un game over e una ripresa vanno affrontate e superate. Se poi lo si fa con il sorriso e la determinazione risulta più facile.
- Cosa pensi possa fare la scuola per supportare meglio gli insegnanti nel loro lavoro quotidiano?

Questa è una nota dolente. Intanto, bisognerebbe trovare il modo di alleggerire il lavoro dei docenti. Può sembrare controcorrente al comune pensare oppure può sembrare una provocazione, ma i familiari di un docente sanno che si è a scuola h24 e anche di domenica. È sufficiente la telefonata di un collega che ha bisogno di un documento, di una relazione, di un verbale oppure la necessità di preparare la lezione per il giorno dopo (perché le lezioni non sono mai e poi mai uguali a quelle dell’anno precedente) che ti ritrovi a riaccendere il computer e star seduto fino a tardi. E poi bisognerebbe “sburocratizzare” le procedure: comunicazioni plurime, ripetutamente scritte, sottoscritte e firmate; riunioni ordinarie e straordinarie per ogni spostamento di penna o per un banco aggiunto; aggiornamenti annuali solo perché è cambiata la virgola a un comma di legge! La scuola del bureau non risponde alle dinamiche attuali.
- In che modo cerchi di adattarti alle diverse esigenze di apprendimento dei tuoi studenti?
Ehm… considero che in classe ci sia “uno, nessuno, centomila”. Il docente deve adoperarsi per gestire da solo la classe e rispondere alle esigenze di apprendimento di ciascuno allievo e di tutti contemporaneamente. Questo si impara attendendo i diversi corsi di formazione di pedagogia, educazione alle emozioni e basi di psicologia ma soprattutto con l’esperienza acquisita.

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