Uno studio dell’ISAC-CNR, pubblicato dalla rivista ‘Remote Sensing’, che ha utilizzato i dati satellitari per studiare la climatologia delle precipitazioni di grandine nell’area del Mediterraneo, negli ultimi 22 anni, rivela come, per tutti i fenomeni grandinigeni la tendenza sia in crescita, di circa il 30%, nell’ultimo decennio.

di Piero Mastroiorio —

Una ricerca, pubblicata dalla rivista ‘Remote Sensing’, dell’ISAC-CNR, Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche, delinea una nuova mappa di vulnerabilità delle precipitazioni di grandine, anche in relazione ai danni che possono arrecare alle aree colpite, avvenute nel Mar Mediterraneo nell’ultimo ventennio.

I fenomeni sono stati raggruppati in due categorie di severità: grandinate intense, caratterizzate da chicchi con diametro variabile da 2 a 10 cm e grandinate estreme, associate alla formazione di aggregati ghiacciati con diametro superiore a 10 cm, come spiega Sante Laviola, ricercatore del ISAC-CNR e primo autore della ricerca: «Esaminando i dati raccolti dalle osservazioni satellitari dei radiometri a microonde della costellazione internazionale GPM, ‘Global Precipitation Measurement mission’, siamo riusciti a ricostruire la distribuzione spaziale e temporale degli eventi grandinigeni nel bacino mediterraneo dal 1999 al 2021. A differenza dell’Europa centrale, dove questi fenomeni avvengono principalmente in tarda primavera e in estate, nell’Europa meridionale, in particolare nel Sud Italia, nella penisola iberica e in Grecia, dove il clima è influenzato dall’elevata insolazione e dalla vicinanza al mar Mediterraneo, le condizioni ambientali sono le principali responsabili della formazione di forti grandinate durante la fine dell’estate e l’autunno. In questa fase dell’anno si registrano i valori più alti sia per quanto riguarda i fenomeni intensi che per quelli estremi.».
L’analisi dei trend del periodo preso in considerazione mostra una tendenza in crescita, per tutti gli eventi grandinigeni, rivelando, nel decennio 2010-2021, una crescita media rispetto al decennio precedente di circa il 30% per entrambe le categorie di severità, come spiega, concludendo l’autore della ricerca Sante Laviola: «l risultato sembra trovare piena aderenza con gli andamenti delle principali variabili climatiche alla base della formazione dei sistemi temporaleschi intensi. Comunque, va considerata la possibile incidenza del cambiamento climatico sulla frequenza, distribuzione e intensificazione di questi fenomeni, su scala globale e all’interno di hot-spot climatici, ovvero, nelle aree climaticamente più vulnerabili.».

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