di Giuseppina De Nicola —

Questo è quello che mi capita più di vedere: rabbia, gioia, tristezza, stupore e paura.
Non sanno più nemmeno cosa siano!
Magari le vedono in qualche film, su YouTube, oppure WhatsApp, ma non hanno la possibilità di sperimentare, come facevamo noi, ovvero, esternare le nostre emozioni, urlare, litigare con gli amici o, perché no, chiacchierare e innamorarsi, senza, che, nessuno corra subito in aiuto, per risolvergli i problemi.

Si, perché, se succede qualcosa, qualche genitore, apprensivo, viene subito a chiederti perché tu abbia deciso di dire o di fare una determinata azione, senza la sua autorizzazione, “ledendo la psiche fragile del minore di cui loro sono tutori“.
Poi, tutti di corsa, con gli occhi inchiodati sul display, staccandosi totalmente dal mondo che li circonda. Non si può più fare finta di nulla.
Questo è il vero problema, non si può più chiudere gli occhi, bisogna iniziare a darsi da fare.
La scuola, in qualità di agenzia educativa e formativa, non basta, serve una impostazione diversa che metta al centro le relazioni e le sperimentazioni, anche, a casa e non solo tra i banchi.
Imparare a gestire il diverso e lo scontro in modo sano, perché l’educazione emozionale non ha l’obiettivo di annullare i conflitti, ma di trasformarli, tenendo sempre presente che, le piccole emozioni, sono i grandi capitani della nostra vita e, anche, se le rifiutiamo, obbediremo a loro senza saperlo.

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