L’Indice FAO dei prezzi alimentari segna un forte aumento dei prezzi delle materie prime, che, a marzo 2022 raggiungono i livelli più alti di sempre, calcolando per i prezzi mondiali del grano un aumento pari 19,7% e quelli del mais pari al 19,1% su base mensile.
di Redazione —
Secondo le osservazioni della FAO, sull’indice dei prezzi alimentari, l’aumento mondiale dei prezzi delle materie prime, che raggiunto i livelli più alti di sempre, pari ad una media di 159,3 punti, a marzo, in crescita del 12,6% rispetto a febbraio, è influenzato, anche, dalla guerra in Ucraina. In particolare, i prezzi mondiali del grano sono aumentati del 19,7% durante il mese, influenzati anche dalle preoccupazioni per le condizioni dei raccolti negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, i prezzi del mais hanno registrato un aumento del 19,1% su base mensile, raggiungendo un livello record, insieme a quelli dell’orzo e del sorgo.
In aumento anche l’Indice FAO dei prezzi dell’olio vegetale, salito a +23,2%, trainato dalle quotazioni più alte dell’olio di semi di girasole, di cui l’Ucraina è il principale esportatore mondiale, nonché, quelli dell’olio di palma, soia e colza aumentati notevolmente.
L’andamento dei prezzi dello zucchero inverte i recenti ribassi, aumentando del 6,7% da febbraio e raggiungendo, dunque, un livello superiore di oltre il 20% rispetto a marzo 2021.
Prezzi in rialzo anche per la carne, che, con un aumento del 4,8%, a marzo, raggiunge il massimo storico, a causa dei rialzi della carne suina legati alla carenza nell’Europa occidentale. Anche i prezzi internazionali del pollame sono cresciuti, per via della riduzione delle forniture dai principali Paesi esportatori, dovuta alle epidemie di influenza aviaria.
Aumentano, infine, i prezzi dei prodotti lattiero-caseari, registrando un +2,6%, ossia il 23,6% in più rispetto a marzo 2021. «Un incremento dovuto all’aumento delle quotazioni di burro e latte in polvere a causa di un’impennata della domanda di importazioni per consegne a breve e lungo termine, soprattutto dai mercati asiatici», secondo le osservazioni della FAO.