SLG-CUB POSTE: «Tagliare la radici porta alla morte dell’albero, così come, rinunciare al servizio postale serio e al presidio territoriale nazionale diffuso, porterà alla fine dello scopo di vita di Poste Italiane, senza alcuna credibile programmazione per la gestione del suo futuro.».
di Redazione —
«Con la privatizzazione del 35% di Poste Italiane, attuata nel 2015 dal governo Renzi, è stato attuato l’incivile sistema di consegna della posta “a giorni alterni e rarefatti”, che ha distrutto la serietà del servizio pubblico postale. Per SLG-CUB Poste, questo sistema è servito a dimezzare il personale, aumentando i ricavi economici, da convertire in “dividendi” per i soci privati. Però, diminuendo il personale, la qualità del servizio è sprofondata, con accumuli e ritardi nella consegna della posta, al punto che troppi utenti ne hanno perso la fiducia e vi hanno rinunciato.
Adesso, dopo avere praticamente affondato il servizio postale pubblico, tagliando le radici che assicuravano Poste Italiane a una solida base popolare, invece di ripristinare un servizio serio e giornaliero, per recuperare un rapporto importante con gli utenti, Poste Italiane è arrivata alla consegna della frutta», scrive in un comunicato stampa la sigla sindacale SLG-CUB Poste, sottolineando: «Infatti, occuparsi, in proprio, della “raccolta” della posta (con personale postale), della “lavorazione” (sempre con personale postale) e della “consegna” (ancora con personale postale), è una cosa ben diversa che ritirare un prodotto già preparato, da altri, per portarlo a destinazione, perché, in questo caso, il personale postale è presente solo nell’ultima fase del lavoro. Dunque, consegnando “frutta” o altri prodotti estranei, per Poste Italiane, si perdono due fasi di lavoro, con i loro posti di lavoro. Inoltre, improvvisando in settori estranei al know-how aziendale (come, per esempio gas e luce), cioè sperimentare svariate attività di tipo commerciale, per i quali, però, non serve la specificità della grande preparazione del personale di Poste Italiane, può essere una opportunità integrativa dell’attività aziendale, ma non può essere sostitutiva del suo pilastro di riferimento strategico e storico.
In pratica, solo detenere l’organicità della produzione del lavoro, concepito dall’origine alla fine, garantisce più occupazione lavorativa ma anche più padronanza dell’intero procedimento e, quindi, maggior controllo sul destino stesso dell’azienda. Invece, oggi, si vede una “Poste Italiane” più distante dalla sua funzione originaria e che divaga in settori effimeri ed estranei.
Certo, con la privatizzazione, la sete di dividendi degli azionisti, che vogliono incassare subito, è stata placata, ma, per SLG-CUB Poste, conta più garantire che Poste Italiane riprenda un rapporto strategico e stabile con la popolazione, riaprendo 1.900 uffici postali chiusi, sul territorio nazionale, e ripristinando un servizio postale serio e giornaliero, per ricostruire il futuro e la fiducia in questo.
Tagliare la radici porta alla morte dell’albero, così come rinunciare al servizio postale serio e al presidio territoriale nazionale diffuso porterà alla fine dello scopo di vita di Poste Italiane, senza alcuna credibile programmazione per la gestione del suo futuro.
Purtroppo, a questa situazione si è giunti con l’aiuto di sindacati e partiti privatizzatori, che dall’inizio del percorso di privatizzazione, 30 anni fa, hanno contribuito a ridurre la percezione della gravità della riduzione speculativa dei posti di lavoro, passati da 222.000, del 1994, a 110.000, del 2024, a cui va aggiunto lo sfruttamento del precariato, anche se ciò ha messo in ginocchio il servizio pubblico postale e un diritto universale della cittadinanza.
Per SLG-CUB Poste, di questo passo, si perderà la funzione di azienda che lavora con la posta e, perciò, da sempre, ritiene che Poste Italiane debba tornare sotto la gestione pubblica, al 100%, per salvare i posti di lavoro seri e l’utilità sociale di una struttura fondamentale, che deve tenere unite e collegate le comunità del territorio nazionale e servire gli interessi generali della collettività.».