SAVE THE CHILDREN: «In base agli attuali impegni presi dai paesi del mondo per contenere l’innalzamento della temperatura globale i bambini nati nel 2020 saranno esposti alle ondate di calore eccessivo in media sette volte di più rispetto ai loro nonni, con punte di 18 volte in più se si considera ad esempio il solo Afghanistan. I neonati di oggi saranno anche colpiti 2,6 volte in più dalla siccità, 2,8 volte in più dalle inondazioni dei fiumi, quasi 3 volte in più dalla perdita dei raccolti agricoli, con punte di 10 volte in più come in Mali, e dal doppio degli incendi devastanti.».
di Redazione —
I bambini nati durante la crisi climatica saranno più esposti agli eventi meteo estremi. Ondate di calore, incendi, inondazioni, siccità, perdita di raccolto. La crisi climatica è di fatto una crisi dei diritti dell’infanzia, perché l’impatto del cambiamento climatico è diseguale ed è maggiore fra i bambini che vivono nei paesi poveri e nelle comunità svantaggiate. Fra le bambine, dove le disuguaglianze di genere pesano di più. Fra i minori sfollati o migranti e fra i disabili. L’impatto della crisi climatica sui bambini nati oggi è molto più grande rispetto a quello che poteva ripercuotersi sui loro nonni e ci sono le proporzioni a rendere bene l’idea. I bambini nati in crisi climatica sono esposto 7 volte in più rispetto ai nonni alle ondate di calore.
Non è la trama di un film che guarda al futuro, ma l’allarme lanciato, in occasione del meeting internazionale PRE-COP26, ospitato dall’Italia a Milano dal 30 settembre al 2 ottobre, in preparazione del summit ONU sulla crisi climatica COP26 che si terrà in Scozia il prossimo novembre, da Save the Children, che sottolinea: «In base agli attuali impegni presi dai paesi del mondo per contenere l’innalzamento della temperatura globale i bambini nati nel 2020 saranno esposti alle ondate di calore eccessivo in media sette volte di più rispetto ai loro nonni, con punte di 18 volte in più se si considera ad esempio il solo Afghanistan. I neonati di oggi saranno anche colpiti 2,6 volte in più dalla siccità, 2,8 volte in più dalle inondazioni dei fiumi, quasi 3 volte in più dalla perdita dei raccolti agricoli, con punte di 10 volte in più come in Mali, e dal doppio degli incendi devastanti.».
Nel dossier, “Nati in crisi climatica: Perché dobbiamo agire subito per proteggere i diritti dei bambini”, realizzato in collaborazione con un team internazionale di ricercatori sul clima guidati dalla VUB, Vrije Universiteit Brussel, l’associazione descrive come sui bambini nati nel 2020 sia aumentata l’esposizione agli eventi estremi legati al clima, rispetto a quanto poteva accadere anni fa sui nati nel 1960, si sottolinea: «anche se l’86% delle emissioni globali di CO2 è responsabilità dei paesi più ricchi, i bambini che vivono in quelli a basso e medio reddito e nelle comunità più svantaggiate saranno colpiti prima e più pesantemente, perché sono già i più esposti alle malattie trasmesse dall’acqua, alla fame e alla malnutrizione, e vivono in alcuni casi in abitazioni precarie o più fragili e vulnerabili in caso di inondazioni, cicloni e altri eventi climatici estremi.».
La crisi climatica non ha lo stesso impatto su tutti, come dimostrato anche da altri studi, i cambiamenti climatici hanno un impatto più alto, e più devastante, sui paesi poveri e fra le persone più povere dei paesi ricchi e di quelli poveri. La crisi del clima accentua le disuguaglianze e fra i bambini ci sono già enormi disuguaglianze nell’accesso al cibo, all’istruzione, alla sanità. Non potranno che diventare dirompenti in paesi già intrappolati in situazioni di povertà, che tenderanno a riprodursi.
Per i bambini più vulnerabili, l’impatto degli eventi meteo estremi può interrompere l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Accade fra le bambine penalizzate dalle disuguaglianze di genere, fra le popolazioni sfollate o rifugiate, i bambini disabili e le popolazioni indigene. In Pakistan, racconta Save the Children, dopo le inondazioni del 2010 aggravate dal cambiamento climatico, il 24% delle bambine al sesto anno di studi ha abbandonato la scuola rispetto al 6% dei bambini, sottolineando: «Se è improbabile che i bambini del Nord America e dell’Europa Occidentale soffrano di un aumento nella perdita dei raccolti, quelli dell’Africa subsahariana dovranno affrontare 2,6 volte più perdite nei raccolti rispetto ai loro coetanei, e i bambini del Medio Oriente e del Nord Africa fino a 4,4 volte di più.».
Save the Children, nel sottolineare che gli impegni presi finora per la riduzione delle emissioni nel quadro dell’Accordo di Parigi determinerebbero un aumento della temperatura globale da 2,6 a 3,1 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali, con un impatto inaccettabile sui bambini, precisa: «Se si riuscirà invece a limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi come sancito dall’obiettivo dell’Accordo di Parigi, l’esposizione aggiuntiva dei neonati attuali alle ondate di calore eccessivo diminuirà del 45%, del 39% per la siccità, del 38% per le inondazioni dei fiumi, del 28% per la perdita dei raccolti e del 10% per la devastazione degli incendi.».
«La crisi climatica è di fatto una crisi dei diritti dei bambini e, l’azione sul cambiamento climatico, non è solo un obbligo morale, ma anche un obbligo legale per i governi di agire nel migliore interesse dei bambini. Le recenti ondate di calore negli Stati Uniti e in Canada, gli incendi in Australia, le inondazioni in Europa e in Cina, le molteplici siccità che stanno causando crisi alimentari in luoghi come l’Afghanistan, il Madagascar e la Somalia, hanno chiaramente dimostrato che nessun luogo è sicuro. Senza un’azione immediata, consegneremo un futuro mortale ai nostri figli. Dobbiamo eliminare la nostra dipendenza dai combustibili fossili, creare reti di sicurezza finanziaria per l’adattamento ai cambiamenti climatici e sostenere le comunità più colpite. Possiamo ribaltare la situazione, ma dobbiamo ascoltare i bambini e passare all’azione per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi e dare molta più speranza ai bambini che non sono ancora nati», ha detto Inger Ashing, CEO di Save the Children International.