La manifestazione è stata anche un’occasione per far conoscere le attività, i progetti futuri, gli inserimenti lavorativi resi possibili grazie all’attuazione della legge 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie.
di Redazione —
«Camminare su questi terreni significa che lo Stato ha vinto. Quello di oggi è una grande messaggio di speranza verso le nostre comunità e verso i più giovani. I ragazzi devono sapere che non si devono arrendere, che la mafia si può sconfiggere. Si può sconfiggere con la memoria, con l’impegno sociale, con piccoli e concreti gesti quotidiani indirizzati al rispetto delle regole, degli altri, del bene comune. Dobbiamo dire basta alla mafia, all’omertà, all’indifferenza. Dobbiamo lasciare alle nuove generazioni un mondo migliore rispetto a quello che abbiamo trovato», dice Angela Cianci ricordandola figura di suo fratello Michele, ucciso a Cerignola il 2 dicembre del 1991, per essersi opposto ad un tentativo di furto nel suo negozio, senza dimenticare che in quella stessa giornata era intervenuto per aiutare un anziano che era stato aggredito da due persone.
Il nome del giovane commerciante, che all’epoca dei fatti aveva solo 43 anni, fa parte del lungo elenco delle vittime innocente di mafia, ma da oggi “Michele Cianci” è anche il nome del bene confiscato alla criminalità organizzata inaugurato ufficialmente nella mattina del 10 giugno 2021, in contrada San Giovanni in Zezza, vicino Cerignola, su un terreno, di circa 7 ettari con retrostante casetta colonica, che sarà gestito dall’ ATS, Associazione Temporanea di Scopo, “Le terre di Peppino Di Vittorio” costituita dalla cooperativa sociale Altereco di Cerignola, in qualità di ente capofila, e dalla cooperativa sociale Medtraining e dal CSV, Centro di Servizio al Volontariato, entrambe di Foggia.
La manifestazione è stata anche un’occasione per far conoscere le attività, i progetti futuri, gli inserimenti lavorativi resi possibili grazie all’attuazione della legge 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, e per ribadire che su quel terreno la mafia ha perso, che è possibile trasformare un luogo simbolo del potere mafioso in avamposto di legalità, di economica sostenibile, di lavoro regolare, di sviluppo, come spiega Dora Giannatempo dell’ATS “Le terre di Peppino Di Vittorio”: «Uno sviluppo che passa tra vigneti, ulivi, alberi e terra da coltivare. A partire dalla realizzazione di prodotti finiti che nasceranno su un terreno libero dalla mafia. L’obiettivo è quello di favorire l’inclusione lavorativa ed il riscatto di soggetti in fragilità sociale. La scelta di intitolare il bene confiscato alla mafia a Michele Cianci nasce dalla voglia e dalla necessità di fare memoria, di tenere vivo il suo sacrificio, di far conoscere la sua storia ed il suo nome alle nuove generazioni e a tutta la comunità locale.».
All’evento, in cui è stato possibile visitare il bene ed i suoi spazi, ed è stato piantato simbolicamente un alberello di ulivo come messaggio di nuova ripartenza del terreno che ha l’obiettivo di promuovere attività di agricoltura sociale ed inserimento lavorativo di persone in condizioni di fragilità sociale, sfida ambiziosa, che si pone la finalità di contribuire a realizzare prodotti etici, di qualità e “liberati” dalla mafia nel pieno rispetto della filiera agroalimentare, hanno partecipato anche don Pasquale Cotugno, direttore della Caritas Diocesana Cerignola-Ascoli Satriano e Adriana Sabato, Commissario Straordinario del Comune di Cerignola , che ha evidenziato: «Restituire alla collettività un bene sottratto alla criminalità è un segnale di speranza per tutta la comunità. La legge 109/96 ha segnato un salto nella lotta alla mafia, perché con la confisca il bene frutto di attività illecite viene tolto ai mafiosi per il riuso sociale, per farlo diventare luogo di lavoro, sviluppo, economia».