La carne sintetica, con un fatturato per un valore attorno ai 290.000.000, dove operano circa 100 start up che nel 2020 hanno raccolto capitali per 370.000.000 di dollari, sei volte l’ammontare raccolto nel 2019, rappresenta la nuova frontiera dell’alimentazione.
di Piero Mastroiorio —
La domanda, che ha fatto sobbalzare il lettore sulla sedia davanti al PC e sbarrare gli occhi a quello col cellulare in mano, sicuramente sarà: cosa sarà mai questa carne sintetica e da che cosa la fanno?
La carne coltivata è una vera carne animale, prodotta coltivando direttamente le cellule animali attraverso un processo di produzione, della durata variabile tra le 2 alle 8 settimane, a seconda del tipo di carne coltivata, che inizia con l’acquisizione e il deposito di cellule staminali da un animale, coltivate in bioreattori, alimentate per mezzo di una coltura cellulare ricco di ossigeno costituito da nutrienti di base come aminoacidi, glucosio, vitamine e sali inorganici e altri fattori di crescita. I cambiamenti nella composizione attivano le cellule immature per differenziarsi nel muscolo scheletrico, nel grasso e nei tessuti connettivi che compongono la carne. Le cellule differenziate vengono raccolte, preparate e confezionate in prodotti finali.
La carne artificiale, carne coltivata, carne sintetica, carne in vitro, come meglio vi piace per identificarla, a breve potrebbe essere sui nostri scaffali, atteso che di essa se ne parla, col termine “carne artificiale” dai primi anni 2000 riferendosi, in origine, al cibo prodotto da alcune piante che, dopo la trasformazione, avrebbero un sapore molto simile alla carne tradizionale. Oggi per ‘carne artificiale’ si fa sempre più riferimento alla carne prodotta con il processo, sopra descritto, in cui la carne viene preparata a partire dalle cellule staminali della vera carne di animali vivi.
Detto questo, ci resta da rispondere alla domanda: cosa si usa, invece, per produrre la carne vegetale?
Questo tipo di carne, sempre sintetizzata in laboratorio, viene prodotta da fonti proteiche vegetali come legumi, noci, semi, cereali e tuberi. Un altro segmento in crescita nell’industria delle proteine vegetali sono le micoproteine, derivati da funghi filamentosi come Fusarium venenatum.
Inutile storcere la bocca, che ci piaccia o meno, che il nostro palato si rifiuti di assaporare siffatte bistecche alla fiorentina, il settore delle proteine di derivazione alternativa alla carne è in grande evoluzione. Secondo il Report Nutraceutica di febbraio 2022 dell’Area Studi Mediobanca, a livello mondiale entro il 2035, il comparto passerà dall’attuale 2% all’11% del mercato complessivo delle proteine. Un fatturato per un valore attorno ai 290.000.000.000 di dollari e la carne sintetica rappresenta la nuova frontiera dell’alimentazione. Attualmente in questo segmento operano circa 100 start up che nel 2020 hanno raccolto capitali per 370.000.000 di dollari, sei volte l’ammontare raccolto nel 2019.
La carne artificiale è fatta percepire come alternativa ecologica all’allevamento e la produzione di bestiame è spesso criticata per vari impatti ambientali negativi: emissioni di gas serra, degrado del paesaggio, uso eccessivo delle risorse idriche, potenziale di eutrofizzazione.
Diversi sono gli scetticismi verso le alternative in laboratorio della carne, in particolare da parte di chi crede in un rapporto con il cibo e una sua produzione più sinergica e rispettosa dei ritmi della natura. Un recente rapporto FAO, “Thinking about the future of food safety – A foresight report”, ha valutato i pro e i contro di molti Novel Food, tra cui la carne vegetale evidenziando che: «Mentre tutte o alcune delle alternative a base vegetale potrebbero potenzialmente rappresentare una significativa opportunità per ridurre l’impatto ambientale della produzione alimentare possono anche rappresentare una perturbazione nei sistemi agroalimentari. Si pensa ad aspetti di salute pubblica, ambientale e implicazioni normative. I progressi in questo settore dipendono quindi dall’adozione di un approccio multidisciplinare integrato.».