SANTANIELLO: «Dopo mesi di esplorazione dei Monti Lattari, da Castellammare di Stabia a Lettere, passando per Pimonte e Agerola, abbiamo ricostruito il tracciato degli antichi acquedotti che percorrono le valli dei Monti Lattari, con ben tre acquedotti: l’acquedotto più importante per portata e lunghezza è senza dubbio quello che ha origine dalla sorgente Acquafredda, posta a confine tra Agerola e Scala, che giunge fino alla zona collinare di Quisisana a Castellammare di Stabia.».  

di Piero Mastroiorio —

Un’eccezionale scoperta, avvenuta, in uno scenario unico, nel cuore dei Monti Lattari, in Campania, ha premiato i ricercatori della sede di Castellammare di Stabia dell’Archeoclub d’Italia che, da tempo, sono sulle tracce degli antichi acquedotti: un tratto di acquedotto antico incassato nella roccia.

«Abbiamo scoperto un nuovo tratto di acquedotto antico, questa volta incassato nella roccia. Una grande opera di ingegneria, scavata nella roccia per almeno 80-90 centimetri, seguendo le curve di livello della montagna. Non è il solo, c’è anche un’altra scoperta, dopo la pulitura del sottobosco è emerso un tratto di arcate ad un livello inferiore allo speco visibile lungo il sentiero.  A monte le due parti di acquedotto si uniscono e abbiamo trovato anche il pozzetto di ispezione.  I tratti trovati saranno di origine, romana, medievale o borbonica?», si domanda, non nascondendo un pizzico d’orgoglio, Massimo Santaniello, Presidente dell’Archeoclub d’Italia sede di Castellammare di Stabia, spiegando: «Scoperto ad Orsano, frazione del Comune di Lettere nel cuore del Parco dei Monti Lattari, questo ratto di antico acquedotto incassato nella roccia, ci mette dinanzi ad un’opera imponente, dispendiosa dal punto di vista delle risorse umane ed economiche. È un acquedotto antico, una grande opera di ingegneria, scavata nella roccia. Mentre per l’altra scoperta, un tratto di quattro arcate ad un livello inferiore allo speco visibile lungo il sentiero, resta la domanda se i tratti ritrovati siano di origine romana, medievale o borboniche.».

«Il parco dei Monti Lattari è una risorsa incredibile sia per il turismo e sia per le comunità locali, per l’agricoltura, per l’allevamento, tanto che difficile imbattersi in mucche e capre lungo i cammini, che portano alla sorgente, celando o rivelando, anche, tanta storia.
A fine 2021, siamo riusciti a risalire alle antiche vie dell’acqua, grazie alla scoperta dei percorsi dei tre principali acquedotti che alimentavano l’Ager Stabianus.
Dopo mesi di esplorazione dei Monti Lattari, da Castellammare di Stabia a Lettere, passando per Pimonte e Agerola, abbiamo ricostruito il tracciato degli antichi acquedotti che percorrono le valli dei Monti Lattari, con ben tre acquedotti: l’acquedotto più importante per portata e lunghezza è senza dubbio quello che ha origine dalla sorgente Acquafredda, posta a confine tra Agerola (NA) e Scala (SA), che giunge fino alla zona collinare di Quisisana a Castellammare di Stabia (NA).

Abbiamo rinvenuto il ‘castellum aquae’, un tratto di acquedotto che corre nello speco sotterraneo ricoperto da una volta in pietrame, il cui tratto sotterraneo collega la sorgente di San Giuliano con la sorgente Acquafredda, terminando la sua corsa nel vallone Pantanello dove scorre un’altra sorgente. Giunti all’intersezione tra il canale sotterraneo e il vallone Pantanello, dove abbiamo potuto constatare l’ingegno dei romani.
I trattati di Vitruvio e di Giulio Frontino sugli acquedotti rappresentano le linee guida usate nell’antichità, molto simili alle moderne norme tecniche per le costruzioni, ma a volte capita di dover derogare, perché lo schema classico non è attuabile, in questo caso entra in gioco la sapienza e la conoscenza del genio umano. Infatti, i Romani dovettero affrontare un grande problema, superare un dislivello di circa 800 m per arrivare alla collina di Quisisana, tanta è la quota altimetrica dalle sorgenti di Agerola/Scala e i boschi della collina di Quisisana
.».

«Un secondo acquedotto di portata e lunghezza leggermente inferiore al primo ha origine dalla Valle dell’Imbuto nella frazione di Caprile a Gragnano (NA), percorre un tratto di alcuni Km lungo un sentiero panoramico, attraverso delle arcate raggiunge l’attuale centro abitato fino a Piazza San Leone, poi le tracce si perdono a causa della eccessiva urbanizzazione e trasformazione del territorio, ma come per Quisisana, potrebbe essere stato convogliato nel vicino vallone, per giungere alla collina di Varano, dove sorgeva l’abitato principale di Stabiae. Alcuni resti sono stati ritrovati nella zona orientale di Castellammare di Stabia in ‘Traversa Savorito’», racconta ancora Massimo Santaniello, Presidente di Archeoclub d’Italia sede di Castellammare di Stabia, che conclude: «Un terzo acquedotto, il più piccolo per portata, ma a tratti molto suggestivo, parte dalla sorgente della frazione di Orsano a Lettere (NA) e giunge fino all’attuale centro abitato nei pressi di Piazza Roma, dove si perdono le tracce. Lungo il percorso abbiamo rintracciato una cisterna di forma circolare leggermente schiacciata al centro quasi a formare un ovale.
Il tratto di acquedotto ha origine dalla sorgente ove è stato rinvenuto il ‘caput aquae’, attraversa un ponte canale a tre arcate, di cui sono ben visibili i resti, giungendo fino ad un ‘castellum deviorum’, dove è visibile un’altra piccola diramazione, che corre lungo la parete rocciosa, con un percorso semicircolare. Lungo il sentiero che conduce a valle si notano i resti di un pozzetto di sfiato. L’acquedotto continua sotto la strada moderna per circa 1 km e giunge alla cisterna posta sotto il belvedere di via Canali, utilizzata come serbatoio dell’acquedotto municipale fino all’avvento della ‘G.O.R.I. SpA’ che ha realizzato un nuovo bottino di presa a qualche decina di metri di distanza
.».

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