BIGLIO: «Esprimiamo la nostra preoccupazione, dichiariamo la nostra contrarietà e ci opponiamo con forza a questo ennesimo sopruso. Come Presidente dell’ANPCI, non posso che dichiararmi, fin da subito, a fianco dei tanti Comuni italiani, che gestiscono il loro acquedotto.».
di Redazione —
«Ci risiamo: non è servito il Referendum del 2011 con il quale gli Italiani avevano ribadito con forza (oltre il 93% a favore) che l’acqua è un bene pubblico e che tale deve rimanere. Il 15 dicembre scorso con il solito “blitz” è stato approvato un emendamento che prevede una revisione dei termini previsti dal dlgs 152/2006 che permetteva ai Comuni di continuare a gestire i propri acquedotti. Questa “revisione” verrebbe effettuata dalle Autorità di Bacino entro il primo luglio 2022 e qualora i criteri previsti di qualità, esclusività delle fonti, ecc… non venissero rispettati l’Autorità potrà trasferire la competenza della gestione ad un Ente o addirittura, qui è il passaggio più drastico, ad una società privata.
Una decisione che va contro la volontà popolare e che cancella qualsiasi dialogo con le comunità locali.
Molti sono i piccoli comuni che gestiscono da decenni, in modo egregio, i loro acquedotti. Il comune di Burolo, ad esempio, gestisce il suo acquedotto da ben 175 anni!
La loro acqua è costantemente controllata, il suo costo è di tre volte inferiore a quello dei comuni gestiti da altre società. La gestione dell’acquedotto dà lavoro, crea risorse per il Comune ed offre un servizio qualitativamente elevato ed apprezzato dai cittadini», scrive con forza, Franca Biglio, Presidente nazionale dell’ANPCI, Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia, in un comunicato stampa, inviato agli organi di informazione, relativo alla possibilità di affidare la gestione dell’acqua a società private, sottolineando: «Va precisato, inoltre, che i comuni negli anni hanno sempre investito sulla qualità dell’acqua, sui controlli e sul servizio. Non si comprende perché lo Stato non recepisca il valore di tale servizio erogato direttamente dall’ Ente.
Perché impedire ad un comune di rendersi autonomo nel fornire un servizio adeguato, anzi elevato ed a costi contenuti, ai propri cittadini?
Purtroppo oggi essere efficienti e virtuosi non paga!
Con ciò non si vogliono denigrare altre forme di gestione, ma si vuole semplicemente mettere in evidenza che quella dei comuni è ottima e non si capisce il motivo vero di sottrargliela.
Anche in questo caso, dunque, esprimiamo la nostra preoccupazione, dichiariamo la nostra contrarietà e ci opponiamo con forza a questo ennesimo sopruso.
Come Presidente dell’ANPCI, non posso che dichiararmi, fin da subito, a fianco dei tanti Comuni italiani, che gestiscono il loro acquedotto.».