I ricercatori evidenziano come la variazione del contenuto termico degli oceani, nel 2021, sia equivalente all’energia spigionata dall’esplosione di 7 bombe atomiche ogni secondo, per tutta la durata dell’anno e come, il nuovo record, sia stato toccato, nonostante nel 2021 si sia manifestato il fenomeno conosciuto come La Niña, che ha contribuito a limitare il riscaldamento nell’Oceano Pacifico.
di Piero Mastroiorio —
Uno studio, pubblicato sulla rivista “Advances in Atmospheric Sciences”, rivela come nel 2021 le temperature dell’Oceano hanno segnato un nuovo record, raggiungendo i valori più caldi mai misurati per il sesto anno consecutivo e come sia più allarmante la situazione del Mar Mediterraneo, che conferma essere il bacino che si scalda più velocemente.
L’articolo ‘Another record: Ocean warming continues through 2021 Despite La Niña Conditions’, firmato da un team internazionale di 23 ricercatori di 14 istituzioni, tra cui Simona Simoncelli dell’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e Franco Reseghetti di ENEA, Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, è stato realizzato utilizzando i dati disponibili al 31 dicembre 2021 e contiene, anche, una revisione degli anni precedenti, sulla base delle nuove conoscenze acquisite nel frattempo.
L’allarme sul fronte del cambiamento climatico, che ha aperto il 2022, è sottolineato dai ricercatori, che, nell’evidenziare come la variazione del contenuto termico degli oceani, nel 2021, è equivalente all’energia sprigionata da 7 bombe atomiche, fatte esplodere ogni secondo, per tutta la durata dell’anno, avvertono, come il nuovo record, si sia verificato nonostante il 2021 sia stato caratterizzato dal fenomeno conosciuto come La Niña, che ha contribuito a limitare il riscaldamento nell’Oceano Pacifico.
Riguardo al Mar Mediterraneo, ai dati risultati allarmanti illustrati nello studio, si affiancano quelli del monitoraggio della temperatura nei mari Ligure e Tirreno, ripreso nel 2021, nell’ambito del progetto MACMAP dell’INGV, cui partecipa ENEA e, partner fondamentale, la compagnia di navigazione italiana GNV S.p.A. (Grandi Navi Veloci) dalle cui navi commerciali, che percorrono la rotta tra Genova e Palermo, vengono lanciate, dal 1999, le sonde che, misurando la temperatura, hanno permesso di acquisire dati di temperatura capaci di analizzare le variazioni termiche nel tempo.
«E’ molto importante sottolineare che l’Oceano assorbe poco meno di un terzo della CO2 emessa dall’uomo, ma il riscaldamento delle acque riduce l’efficienza di questo processo, lasciandone una percentuale maggiore in atmosfera. Il monitoraggio e la comprensione di come evolvono nelle acque oceaniche la componente termica e quella legata alla CO2, sia individualmente che in sinergia, sono molto importanti per giungere ad un piano di mitigazione che rispetti gli obbiettivi approvati per limitare gli effetti del cambiamento climatico. Ad esempio, in conseguenza del riscaldamento delle acque degli oceani (tralasciando l’apporto dell’acqua di fusione dei ghiacciai), sta aumentando il volume e quindi il livello del mare con ripercussioni drammatiche per gli atolli del Pacifico e stati insulari come le isole Maldive, ma anche per le nostre aree costiere. Inoltre, acque degli oceani sempre più calde creano le condizioni per tempeste e uragani sempre più violenti e numerosi, abbinati a periodi di caldo esasperato in zone sempre più estese. Tutto questo, senza considerare gli effetti biologici: l’acqua più calda è meno ricca in ossigeno influisce sulla catena alimentare, così come acqua con acidità più elevata ha effetti anche pesanti sulle forme viventi», dice Simona Simoncelli dell’INGV.
«Durante l’ultima campagna di rilevamento dati, a metà dicembre 2021, sono rimasto prima sconcertato e poi sempre più sconfortato dai dati che comparivano sul monitor del sistema di acquisizione. Nel mar Tirreno trovavo l’isoterma T = 14°C quasi sempre sotto i 700 m, talvolta anche intorno a 800 m, valori di profondità che mi hanno sorpreso. In pratica ha iniziato a scaldarsi in modo evidente anche una zona più profonda rispetto al passato», spiega Franco Reseghetti dell’ENEA, sottolineando: «Ho ricontrollato a lungo questi dati di dicembre con Simona Simoncelli, cercando conferme anche in dataset ottenuti da altri strumenti di misura nella medesima area e nel medesimo periodo, ma, purtroppo, i nostri risultati erano in buon accordo con gli altri e l’unica conclusione è stata: c’è un nuovo record, anche se ne avremmo fatto volentieri a meno. Questa acqua calda ha iniziato ad ‘invadere’ il Tirreno da sud, partendo dalle isole Egadi e la costa nord-ovest della Sicilia, proseguendo verso Nord, interessando una zona di mare sempre più ampia e a profondità crescenti. Purtroppo, per il 2022 non siamo in grado di fornire previsioni, anche se la strada intrapresa negli ultimi anni dal Mar Mediterraneo, sembra abbastanza chiara, con valori sempre crescenti di energia presente nelle sue acque, che rimane a disposizione per l’interazione con l’atmosfera dando sempre più spesso origine ad episodi meteo estremi come ondate di calore e violenti fenomeni precipitativi sconosciuti in precedenza in queste zone. Il 2021 è stato il manifesto di tutto questo: il caldo in Sicilia ad agosto, la pioggia in Liguria, i ‘medicanes’, gli uragani del Mediterraneo a fine novembre ancora in Sicilia, solo per fare un esempio.».
Più nel dettaglio, le serie temporali delle temperature nel Mediterraneo mostrano aumenti più intensi rispetto a quelli osservati alle medesime profondità intermedie in altre zone dell’oceano globale, come sottolinea Simona Simoncelli: «Dalla primavera 2013, constatiamo un riscaldamento progressivo nello strato tra 150 e 450 m di profondità, ma i valori di temperatura sono in aumento anche a profondità maggiori, con una crescita ancora più evidente tra il 2014 e il 2017, seguita da un leggero calo nel 2018-2019 e una risalita ulteriore nel 2021. Per i mari Tirreno e Ligure, nel periodo 1999-2021 la variazione di temperatura è stata pari a 0.028°C/anno, coerente con quanto registrato nel Canale di Sicilia dalla strumentazione CNR che acquisisce valori dal 1993. Nei loro dati l’aumento della temperatura è stimato in 0.026°C/anno su tutto il periodo, ma con una crescita di 0.034°C/anno dopo il 2011. Nei nostri dati complessivamente la variazione media della temperatura nello strato 150-450 m è di circa 0.6°C, passando da 13.8°C a 14.4°C.».
«Questo ulteriore riscaldamento, che può essere visto come indicatore del perdurare del cambiamento climatico, è arrivato, per ironia della sorte, al termine del primo anno del “Decennio del Mare”, l’iniziativa indetta dalle Nazioni Unite per mobilitare tutti i settori della società civile e promuovere un cambiamento radicale nel modo in cui studiamo e gestiamo l’oceano, per uno sviluppo realmente sostenibile che preservi un buono stato ambientale dell’ecosistema e di tutte le risorse che l’oceano ci fornisce», concludono Simoncelli e Reseghetti.