Nel macabro conteggio di chi vive e di chi muore, ci sono a sovvenzionare, il baro del gioco delle tre carte, le politiche d’accatto, quelle che non consentono di sentire, ma di ascoltare. Quelle che non vedono, ma guardano sbrigativamente al colore della sofferenza, al colore colpevole per le vittime innocenti, al colore spento di quei bambini dimenticati.
di Vincenzo Andraous —
In questo periodo ci sono inondazioni di notizie e informazioni più o meno d’elite, tutte grondanti di interesse collettivo e politico, riguardano noi tutti, la nostra vita, il nostro presente e il nostro futuro.
Vaccini, green pass, manifestazioni autorizzate, ribelli veri e ribelli inconcludenti, sindacati sul piede di guerra, governi e governicchi in linea di s-partenza.
Insomma non ci facciamo mancare niente a prima vista.
Poi accade che poco lontano dai nostri confini, in altri paesi, con cui facciamo affari, ma recitiamo la parte della non condivisione per la strabordante politica della disumanità, ebbene, ci arrivano le immagini di migliaia di persone ammassate nei campi, al gelo, alla fame, soprattutto di donne e bambini ricoperti di stenti, di stracci, di disperata speranza.
Immagini di persone nei sacchi a pelo sparse nei campi, di guardiani armati fino ai denti che prendono a calci quelle sagome malamente accasciate, che aizzano i cani a mordere.
Sono immagini, soltanto immagini lontane qualcuno s’appresterà a dire.
Ecco, però, che arrivano altre notizie, non sono più comunicazioni di elite, non sono più o meno accettabili, posseggono un preciso interesse collettivo, quello della richiesta insindacabile al rispetto della vita umana.
La morte di ogni innocente infatti accorcia drammaticamente le distanze.
Ci sono persone che muoiono, ci sono bimbi che muoiono di stenti, di fame, di freddo, bambini lasciati morire.
Faccio dannatamente fatica a pensare che possa accadere ancora e nuovamente una cosa del genere, per quanto mi sforzi, non riesco davvero a prendere coscienza che, oltre a togliere la vita ad una persona, c’è anche la più sgangherata programmazione, perché accada un tale miserabile evento.
Non può essere compresa alcuna indifferenza, alcun rispetto per qualsiasi altro Paese, per qualsivoglia sovranità statuale, forma di governo, che non si adoperi, senza se e senza ma, a salvare con immediatezza soprattutto i bambini.
Lasciare morire una creatura volutamente tra sofferenze indicibili significa non possedere alcuna autorevolezza, credibilità, nessuna radice profonda per alcun potere condiviso.
Lasciare morire intenzionalmente all’agghiaccio, nel gelo della paura, nel freddo dell’abbandono, per accoglienza negata un innocente, non è cosa che possa essere risolta con una alzata di spalle, con le solite giustificazioni. In fin dei conti, sono ingiustizie, che, pesano su altri stati, quindi, seppure a denti stretti, non ci riguardano.
In questo macabro conteggio di chi vive e di chi muore, ci sono a sovvenzionare, il baro del gioco delle tre carte, le politiche d’accatto, quelle che non consentono di sentire, ma di ascoltare. Quelle che non vedono, ma guardano sbrigativamente al colore della sofferenza, al colore colpevole per le vittime innocenti, al colore spento di quei bambini dimenticati.