Il nuovo rapporto sulla sicurezza a scuola, presentato da ‘CittadinanzAttiva’, rivela come, in Italia, ci siano, ancora, 17.000 classi sovraffollate, dove studiano quasi 460.000 scolari e come non manchino, in un anno, 35 crolli a scuola, tre al mese, che portano il totale, dal 2013 a oggi, a 361.
di Redazione —
La sicurezza a scuola oggi è doppia: sicurezza strutturale e sicurezza sanitaria, quella legata alle esigenze imposte dal Covid, ma l’Italia è terribilmente indietro sulla sicurezza, lontana da essere una realtà, se solo si considerano questi due dati. Primo: fra settembre 2020 e agosto 2021 si contano 35 episodi di crolli a scuola (fra distacchi di intonaco, finestre, muri e alberi caduti vicino alle scuole) con una media di circa 3 al mese. Dal 2013 a oggi i crolli censiti sono 361 con 63 feriti. Secondo: ci sono in Italia quasi 17.000 classi con più di 25 alunni, per un totale di quasi 460.000 bambini e ragazzi che studiano in aule oggettivamente troppo affollate e invivibili, meglio conosciute come ‘classi pollaio’, fenomeno più diffuso alle superiori, dove hanno più di 25 alunni oltre il 7% delle classi. Le maggiori criticità sono per le superiori di Lombardia, Emilia Romagna e Campania.
I problemi di sicurezza a scuola, tuttora irrisolti, emergono dal XIX Rapporto “Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola” presentato, lo scorso 22 settembre 2021, da CittadinanzAttiva, in cui si evidenzia la dimensione delle classi sovraffollate, insicure e invivibili, che fa a pugni con le esigenze della pandemia e con quelle della didattica, come la stessa associazione spiga nel suo dossier: «Per superare le classi sovraffollate è necessario risolvere il “paradosso normativo” di alcune norme in contrasto fra loro: da una parte il DM18/12/1975 – che prevede l’altezza di almeno 3 metri per le aule ed il rispetto del cosiddetto “spazio vitale” per studente pari a 1,80 mq e 1,96 mq – e la normativa anti incendio (DM 26/81992) che fissa il limite di 25 alunni per classe per consentire l’evacuazione sicura in caso di emergenza; dall’altra parte, il DPR 81/2009 che ha consentito di innalzare il numero di alunni per classe fino a 30 nelle Secondarie di II grado. Più della metà degli istituti scolastici è privo del certificato di agibilità statica (54%) e di quello di prevenzione incendi (59%); il 39% è senza collaudo statico, con il 43% delle scuole, per un totale di 17.343, si trova in zone ad elevata sismicità.».
Oltre a queste dimensioni, ci sono poi i problemi di sicurezza legati alla pandemia, la mancanza di interventi strutturali e sistematici sull’aerazione e sui trasporti, solo per indicare un paio di nodi critici evidenziati da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, intervenuto alla presentazione, che, nel presentare un’anteprima del “Report Gimbe sulla Sicurezza covid 19 nelle scuole”, ha sottolineato: «Le evidenze scientifiche dimostrano che per minimizzare il rischio di circolazione virale nelle scuole bisogna attuare tutti gli interventi di prevenzione, ma nel mondo reale della scuola manca una strategia di screening sistematico di personale e studenti; le regole sul distanziamento sono derogabili in presenza di eventuali limiti logistici; non sono stati realizzati interventi sistematici su aerazione e ventilazione delle aule, né sulla gestione dei trasporti; la vaccinazione, possibile solo per gli studenti over 12, è in progress e le coperture presentano notevoli differenze regionali; l’obbligo di indossare la mascherina vige solo sopra i 6 anni. Di conseguenza, l’ambizioso obiettivo del Governo di garantire la scuola in presenza al 100% rischia di essere disatteso nei fatti, come dimostra il numero di classi in quarantena già pochi giorni dopo l’inizio dell’anno scolastico.».
Il dossier di quest’anno di Cittadinanzattiva contiene anche un focus sugli asili nido, che, realizzato grazie all’accesso civico rivolto ai Comuni, ha consentito di ottenere informazioni su 1305 nidi, corrispondenti al 12% del totale degli asili pubblici e privati, in merito alla sicurezza strutturale e interna, alla rimodulazione di spazi e servizi a causa del covid, ha rivelato come «Il 44% dei nidi monitorati è ospitato in strutture costruite dal 1976 in poi; il 22% è stato costruito prima del 1975. Pochi i bambini con disabilità – appena l’1% dell’utenza – ospitati nei nidi esaminati; i bambini stranieri sono presenti in una percentuale pari al 12%.».
I nidi presentano dati migliori sulla sicurezza strutturale, atteso che «il 56% possiede la certificazione di agibilità, rispetto al 42% degli edifici scolastici, il certificato di prevenzione incendi è presente nel 51% dei nidi rispetto al 36% degli edifici scolastici. Certamente i nidi sono avvantaggiati dal fatto di trovarsi in edifici di più recente costruzione e situati nel 62% dei casi a piano terra ma, si è ancora troppo lontani dalla sufficienza. I sistemi di videosorveglianza interni sono presenti in pochissimi casi, solo il 2%. Quelli di videosorveglianza esterna si trovano nel 6% dei casi.».
Cosa è cambiato dopo il Covid?
Quest’anno nel 75% dei casi i Comuni hanno garantito il pieno funzionamento degli asili nido. Non tutti, però. Tra le eccezioni da segnalare, la Campania in cui solo nel 38% dei casi si è riusciti a garantire il servizio (in 9 casi è stato addirittura sospeso) e la Puglia, nel 45% dei nidi. Per contro Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Liguria hanno garantito il servizio con gli orari consueti nel 100% dei casi, seguite da Umbria (98%), Trentino Alto Adige (96%), Piemonte (89%), Lombardia (83%). Nelle regioni restanti il dato si attesta oltre il 50%.
Oltre il 60% ha modificato i percorsi di entrata ed uscita, un nido su tre ha fatto modifiche sulla sala pranzo e il 39% su quella del sonno. Il 79% dei nidi ha la mensa interna. Il servizio è dato in appalto esterno nel 48% dei casi.
La sicurezza a scuola richiede dunque una serie di interventi. Diverse le richieste di CittadinAnzattiva, dall’inserimento dei nidi nell’Anagrafe dell’edilizia scolastica all’aggiornamento del piano emergenza, dalle verifiche di vulnerabilità ai provvedimenti sanitari legati alla pandemia: «Chiediamo al Ministero dell’Istruzione di conoscere il numero aggiornato delle classi con più di 25 studenti; intervenire sui casi più gravi di sovraffollamento; lavorare per l’abrogazione del DPR 81 del 2009; stabilire da gennaio il limite di 25 alle nuove iscrizioni delle prime classi, soprattutto delle secondarie di II grado.».
Un’altra richiesta-denuncia rinnovata dall’associazione nel dossier riguarda la tradizionale destinazione delle scuole ad aule elettorali: «Votare nelle scuole è una tradizione (pessima) quasi solo italiana. Nel nostro Paese l’88% dei 61.562 seggi elettorali si trova all’interno di edifici scolastici. Il tema dello spostamento dei seggi elettorali in sedi diverse dalle scuole è stato sollevato in occasione del Referendum Costituzionale dello scorso anno. In quell’occasione l’impegno dei Comuni è stato deludente: solo 471 (2%) su circa 8.000 hanno previsto lo spostamento di 1.464 sezioni elettorali.». Per le prossime elezioni amministrative, 117 Comuni hanno chiesto l’allestimento di spazi elettorali diversi dalle scuole, per un totale di 510 seggi alternativi. È un numero ancora molto basso ma, come dice l’associazione: «sta crescendo la sensibilità circa l’importanza di ciò sia nei cittadini che in molti amministratori pubblici.».
Tra le richiesta di CittadinanzAttiva c’è anche quella fatta all’ANCI, Associazione Nazionale Comuni d’Italia, relativa alla sensibilizzare dei Comuni, affinché, trovino soluzioni alternative alle scuole in occasione delle elezioni politiche del 2023, nonché, quella fatta al Parlamento relativa alla previsione di stanziamenti ad hoc, per favorire i Comuni, soprattutto, nelle città di medie-grandi dimensioni.