Pubblicate le misure del “Benessere equo e sostenibile”, che evidenziano, nel 2020, diminuire, in Italia, la speranza di vita alla nascita, mentre, la quota di giovani ‘Neet’, che non lavora e non studia, arrivare al 23,3%, con circa 1 giovane su 3 al Sud.
di Redazione —
Lo scorso 6 settembre 2021 l’ISTAT, Istituto di Statistica nazionale, ha pubblicato l’aggiornamento annuale del sistema di indicatori del “Benessere equo e sostenibile dei Territori”, riferiti alle province e alle città metropolitane italiane, coerenti e integrati con il framework Bes adottato a livello nazionale, in cui i fenomeni più evidenti sono, nel 2020, la diminuzione, in Italia, della speranza di vita alla nascita, che “perde” un anno e due mesi, con punte molto più alte nelle province dove il Covid ha colpito di più, un quarto dei giovani che non studia e non lavora, percentuale che diventa di un giovane su tre al Sud, nonché, le molte differenze territoriali, che ricalcano il gap fra Nord e Sud Italia, dove alcune differenze fra territori sono legate alle diversità strutturali fra Nord e Sud.
«Nei campi Salute, Istruzione, Lavoro e Benessere economico, ci sono differenze nette e strutturali fra Centro-Nord e Sud, ma le differenze si attenuano per le conseguenze della crisi sanitaria, col risultato che c’è una tendenziale convergenza dell’insieme delle province italiane verso livelli più bassi nella speranza di vita alla nascita, dei tassi di occupazione e dei livelli di partecipazione alla formazione continua, e verso una maggiore incidenza di persone di 15-29 anni che non sono occupate né inserite in un percorso di istruzione (Neet)», evidenzia l’ISTAT, che, sul capitolo Salute fa registrare la riduzione della speranza di vita alla nascita, evidenziando: «Nel 2020, la diffusione della pandemia da Covid-19 e il forte aumento del rischio di mortalità che ne è derivato ha interrotto bruscamente la crescita della speranza di vita alla nascita che aveva caratterizzato il trend fino al 2019, facendo registrare, rispetto all’anno precedente, una contrazione pari a 1,2 anni. Nel 2020, l’indicatore si attesta a 82 anni (79,7 anni per gli uomini e 84,4 per le donne)».
A livello provinciale la speranza di vita si riduce nelle aree del Paese a più alta diffusione del virus durante la fase iniziale della pandemia. Tra queste ci sono le province di Bergamo, Cremona e Lodi dove per gli uomini si è ridotta rispettivamente di 4,3 e 4,5 anni, seguite dalla provincia di Piacenza (-3,8 anni). Negli stessi territori sono ingenti anche le variazioni riscontrate tra le donne: -3,2 anni per Bergamo, -2,9 anni per Cremona e Lodi e – 2,8 anni per Piacenza.
Drammatici anche i dati del Benessere equo e sostenibile relativi all’istruzione e alla quota di giovani che non studiano né lavorano, che in media nazionale sono quasi uno su quattro: «Dopo alcuni anni di diminuzione, la percentuale di giovani che non lavorano e non studiano (Neet) torna a salire, raggiungendo nel 2020 il 23,3% in media-Italia (+1,1 punti percentuali rispetto al 2019). Il trend è accentuato al Nord (16,8%; +2,3 punti) e al Centro (19,9%; +1,8 punti). Il Mezzogiorno, che registra invece una contrazione modesta (-0,4 punti), resta comunque su livelli doppi rispetto al Nord, con circa un giovane di 15-29 anni su tre che non è inserito in un percorso di istruzione o formazione né è occupato (32,6%).».
In alcuni territori il fenomeno dei Neet, giovani che non hanno né cercano un impiego, non frequenta una scuola, né un corso di formazione o di aggiornamento professionale, è ancora più accentuato. La quota di giovani che non studia e non lavora tocca il 40% a Messina, Catania e Caltanissetta, arriva a quasi la metà (48%) nella provincia di Crotone. Fortissima la distanza da Pordenone (10,7%), Ferrara (11,1%) e Sondrio (11,9%), le province più virtuose. In generale, tra il 2010 e il 2020 l’incidenza dei Neet aumenta per quasi i due terzi delle province.