I calciatori che si inginocchiano compiono un gesto tutt’altro che rivoluzionario, in realtà di acquiescenza ai diktat della mentalità dominante. L’atto dell’inginocchiarsi è significativo che torni alla ribalta in queste circostanze dopo essere stato espulso, al motto di “Gesù è mio amico”, dalle chiese, l’unico luogo dove è necessario quale segno di un atteggiamento di umiltà dinanzi a Dio e di adorazione a Lui. E non sorprende che sia divenuto ora un gesto politico: dove si cessa di inginocchiarsi davanti a Dio, si finirà per farlo davanti agli uomini.
di Guido Villa – La Bussola Quotidiana
Un po’ ovunque nelle ultime settimane sono divampate roventi polemiche a proposito del gesto dei calciatori di molte nazionali di calcio che prima dell’inizio delle partite dei Campionati Europei si sono inginocchiati per qualche secondo quale (presunto) gesto di protesta contro il razzismo. Un gesto tutt’altro che rivoluzionario, in realtà di acquiescenza ai diktat della mentalità dominante.
Anche a proposito di questo gesto l’Europa ha mostrato di essere spaccata in due, infatti non si inginocchiano i giocatori delle Nazionali dell’Europa dell’Est e slave (Ungheria, Croazia, Russia, Macedonia del Nord, Ucraina, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Turchia) più la Svezia, la Spagna e, sorprendentemente, la Francia e l’Olanda, composta per la maggior parte da giocatori di origine africana la prima e del Suriname la seconda. Si inginocchiano sempre i giocatori di Inghilterra, Galles e Belgio, mentre hanno comportamenti diversi a seconda delle circostanze i giocatori delle altre nazionali.
Tra i giocatori della Nazionale italiana c’è chi si è inginocchiato e chi no, e dopo la decisione di non inginocchiarsi prima della partita degli ottavi di finale contro l’Austria, non pochi tifosi, generalmente di sinistra, hanno annunciato di non volere più supportare la nostra Nazionale.
È interessante notare come questo gesto torni alla ribalta in queste circostanze dopo essere stato espulso dalle chiese, forse, l’unico luogo dove l’inginocchiarsi è necessario, quale segno di un atteggiamento di umiltà dinanzi a Dio e di adorazione a Lui.
Al di là, infatti, del divieto di inginocchiarsi durante le Sante Messe imposto dai vescovi italiani durante l’attuale pandemia per presunti pericoli di contagio poiché tale gesto ridurrebbe il distanziamento tra i fedeli, esso ha subito un sempre più generale ridimensionamento a partire dalla riforma liturgica del 1969, che ha visto una riduzione dei momenti in cui il fedele si deve inginocchiare durante la Santa Messa, postura che in precedenza era predominante (dall’inizio della Messa fino al Gloria, dalla Preghiera Eucaristica fino al Padre Nostro, all’Agnus Dei, e al momento di ricevere la benedizione).
Già verso la fine degli anni sessanta, infatti, in Germania c’era lo slogan: «Christus ist mein Bruder, vor Ihm knie ich nicht» (trad.: Gesù è mio fratello, davanti a lui non mi inginocchio). Tale modo di pensare fece breccia in tutta la Chiesa cattolica, e un po’ ovunque furono eliminati i banchi dove in precedenza i fedeli si erano inginocchiati per ricevere la Comunione. Considerando in modo predominante Gesù un fratello, e non più Dio, il passaggio alla Comunione sulla mano è stato breve.
Il passo successivo è stato quello di eliminare del tutto da moltissime chiese (da alcuni anni anche nella basilica di Santa Maria Maggiore e nella cappella di Casa santa Marta, residenza di Papa Francesco) i banchi dove sedersi con gli inginocchiatoi per fare posto a semplici sedie, tipo Aula Magna di un’università.
Del resto, in generale, la volontà di rendere la Santa Messa e i sacramenti “vicini” e con un “linguaggio corrente e comprensibile” ha portato a eliminare segni di carattere spirituale per portarla a un livello umano.
Oggi in moltissimi confessionali si offre una sedia, non c’è più l’inginocchiatoio. Escludendo ovviamente chi ha problemi di salute, il cambiamento è lo stesso: lo stare in ginocchio aiuta a mettersi nella disposizione d’animo di umiltà necessaria per confessare i peccati, il sedersi è tipico di due persone che parlano, annacquando in questo modo il significato penitenziale di questo Sacramento.
Questo sviluppo è stato meno accelerato nei Paesi dell’Est europeo un tempo governati da sistemi politici comunisti, dove la fede, messa a dura prova dal regime, al di là del passaggio al nuovo Rito della Messa non è stata subito intaccata dalla mentalità postconciliare. Se si guardano infatti le immagini delle Sante Messe celebrate da san Giovanni Paolo II a Zagabria nel 1994 e nel 1997 a Sarajevo si nota infatti come quasi tutti i fedeli scelti per ricevere la Comunione direttamente dalle mani del Papa si siano genuflessi, per poi rialzarsi, prima di comunicarsi.
Papa Benedetto XVI ha cercato di porre un argine a questa deriva, comunicando i fedeli durante le Sante Messe pubbliche esclusivamente in ginocchio e sulla lingua, tuttavia è stato seguito da pochissimi, e anche durante il suo pontificato i fedeli che desideravano ricevere la Comunione in ginocchio e sulla lingua hanno continuato a essere oggetto anche da parte dei sacerdoti di pubblici rimproveri e di velenosi giudizi in quanto considerati fedeli pieni di presunzione che ‘volevano farsi vedere’.
Non sorprende che il gesto dello stare in ginocchio sia divenuto ora un gesto politico, dove si cessa di inginocchiarsi davanti a Dio, si finirà per farlo davanti agli uomini.
È necessario riscoprire questa postura in chiesa, durante la Santa Messa e più in generale quando si prega. Essa aiuta il fedele a comprendere la propria povertà e piccolezza dinanzi a Dio, che è il totalmente Altro, il Trascendente, e che per la Sua infinita Misericordia scende dal Trono del Cielo, si fa uno di noi, ci nutre di Lui e ci riempie del Suo Amore. Tuttavia, se non siamo coscienti di questa totale Alterità di Dio, e lo stare in ginocchio sta a ricordarcelo, con maggiore difficoltà potremo avere un atteggiamento spirituale pronto ad accogliere Dio e le Sue grazie.