Per il biorestauro dei monumenti funebri della Sagrestia Nuova delle Cappelle Medicee a Firenze, sono stati utilizzati i ceppi di batteri ‘immobilizzati’ in uno speciale gel, dopo essere stati adeguatamente ‘affamati’ in modo da rendere più efficace il trattamento di biopulitura del marmo, oppure, secondo i casi, cresciuti su terreni studiati per potenziare le loro capacità specifiche.
di Redazione —
I curatori del progetto, realizzato dai Musei del Bargello, di cui il Museo delle Cappelle Medicee fa parte, diretti da Paola D’Agostino, con la direzione del restauro a cura di Monica Bietti, ha visto la partecipazione di ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, e CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche, di Firenze, per gli aspetti scientifici, nonchè, delle restauratrici Marina Vincenti e Daniela Manna, affidatarie del restauro, hanno selezionato, fra i 1.500 microorganismi della collezione ENEA, i tre ceppi batterici utilizzati per il restauro dei capolavori di Michelangelo nella Sagrestia Nuova delle Cappelle Medicee, a Firenze. Un intervento di biopulitura, anche citato in prima pagina dal ‘New York Times‘, che ha visto all’opera un team tutto femminile di ricercatrici e restauratrici, supportato da una squadra di ‘batteri-pulitori’, utilizzati per eliminare depositi di diversa natura che ricoprivano i monumenti funebri di Lorenzo de’ Medici, duca d’Urbino e di Giuliano de’ Medici, duca di Nemours.
L’utilizzo di microrganismi e altre sostanze naturali per interventi di restauro molto precisi, sicuri e basso impatto ambientale è basata su un processo biotecnologico brevettato dall’ENEA e messa a punto grazie alla presenza, presso il Centro Ricerche Casaccia, di una speciale raccolta di microrganismi, funghi, alghe e virus “restauratori”, già utilizzati con successo su materiali lapidei nei Giardini Vaticani.
«La scelta dei batteri ‘giusti’ da utilizzare è una delle fasi più delicate. Per i capolavori di Michelangelo, in una prima fase abbiamo selezionato 11 ceppi batterici in grado di rimuovere i depositi selettivamente, senza lasciare residui e nel rispetto del marmo originale. Poi ne abbiamo individuati tre con le migliori performance di biopulitura e, fra questi, un microrganismo isolato dal suolo di una miniera sarda contaminata da metalli pesanti, molto efficace nella pulitura dell’arca marmorea del Duca d’Urbino gravemente danneggiata nel passato dai processi di decomposizione, che avevano rilasciato depositi scuri lungo tutto il basamento», spiega la ricercatrice Anna Rosa Sprocati.
Prima di utilizzarli sul marmo, i ceppi di batteri sono stati ‘immobilizzati’ in uno speciale gel in grado di conferire la giusta umidità e un’adeguata consistenza all’impacco e sono stati quindi applicati sulle sculture, dopo essere stati adeguatamente ‘affamati’ in modo da rendere più efficace il trattamento di biopulitura oppure, secondo i casi, cresciuti su terreni studiati per potenziare le loro capacità specifiche.
«Abbiamo impiegato due giorni per ricoprire il sarcofago con l’impacco di gel e cellule batteriche. Dopo due notti di questo trattamento, le macchie e i depositi sono stati rimossi senza lasciare residui, confermando le caratteristiche necessarie per una pulitura corretta quali selettività, gradualità e rispetto del marmo, peraltro danneggiato da precedenti puliture troppo drastiche. Per questo motivo auspichiamo che l’approccio utilizzato nella ‘Sagrestia Nuova di Michelangelo’ divenga modello di restauro innovativo e sostenibile, che fonde storia dell’arte, restauro e scienza», puntualizza Chiara Alisi, ricercatrice del Laboratorio di Osservazioni e Misure per l’ambiente e il clima dell’ENEA.
«Noi siamo biologhe ‘raccoglitrici’ di batteri spontanei, utili e innocui, che custodiamo in un ‘archivio’ ENEA, come vere fabbriche di enzimi e molecole per pulire opere d’arte, come questo capolavoro assoluto dell’arte italiana del Rinascimento che necessita di una tutela costante e di puntuali interventi di restauro, ma anche per applicazioni altrettanto importanti di risanamento ambientale», sottolineano le due ricercatrici insieme alle colleghe Flavia Tasso, Giada Migliore e Patrizia Paganin del Laboratorio di Osservazioni e Misure per l’ambiente e il clima dell’ENEA.
L’archivio dei microrganismi del Centro Ricerche ENEA Casaccia costituisce una speciale ‘collezione’ di circa 1.500 tra batteri, funghi, alghe e virus, che fa parte del MIRRI, Resource Research Infrastructure, un grande network di centri europei per la salvaguardia della biodiversità microbica a fini di sostenibilità ambientale, sviluppo biotecnologico e crescita della bioeconomia. La speciale raccolta si distingue per lo spettro di biodiversità dei contenuti e per le loro grandi potenzialità applicative: dalla degradazione di contaminanti ambientali ai nuovi prodotti per il restauro sostenibile del patrimonio artistico, dalla salute delle piante all’agricoltura sostenibile in suoli aridi, dalla produzione di biomolecole per usi industriali, energetici e alimentari alla produzione di molecole bio-based per i settori nutraceutico, cosmeceutico, farmaceutico e per la chimica verde, infine applicazioni in campo biomedico per lo sviluppo di vaccini innovativi, sistemi di diagnostica e per la somministrazione mirata di farmaci in campo oncologico.