In questa giornata, con profonda amarezza, vogliamo ricordare l’esistenza di sei“isole” pericolose per il futuro dell’intera razza umana. Sei isole, costituite da spazzatura galleggiante, plastica, rottami marini, detriti e materiale non biodegradabile, che minano il futuro del pianeta, che compromettono la salute delle persone e, quindi, il diritto di usufruire di un Pianeta sano e in salute.
dell’ing. Francesco Saverio Iaconianni e del prof. Romano Pesavento, Presidente CNDDU
Il CNDDU, Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione della Giornata internazionale degli oceani (World Oceans Day), 8 giugno, intende sottolineare la situazione critica in cui versano tali risorse naturali.
In considerazione dell’emergenza, le Nazioni Unite hanno proclamato il Decennio sulla scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile (2021-2030) in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile con l’obiettivo di intervenire a favore della salvaguardia degli oceani attraverso lo sviluppo ulteriore della ricerca scientifica al fine di riuscire a correlare i bisogni della società con la tutela ambientale; è stata anche realizzata una dichiarazione di intenti per raggiungere entro il 2030 l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14. “Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine”, Implementation Plan.
Il Decennio ha fissato sette finalità da conseguire per il nostro pianeta: The Ocean We Want, un oceano pulito in cui le fonti di inquinamento vengono identificate e rimosse; sano, un oceano sano e resistente in cui gli ecosistemi marini sono mappati e protetti, predicibile, un oceano prevedibile in cui la società ha la capacità di comprendere le condizioni oceaniche attuali e future; sicuro, un oceano sicuro in cui le persone sono protette dai pericoli oceanici; sostenibile, un oceano utilizzato in modo sostenibile che garantisce la fornitura di cibo; trasparente, un oceano trasparente con accesso aperto a dati, informazioni e tecnologie, “ispirazionale”, un oceano che ispira e coinvolge.
Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), mediante Il Rapporto speciale su oceano e criosfera (Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate) ha sottolineato la gravita della situazione, destinata a peggiorare senza gli interventi opportuni.
Nella giornata dell’oceano con profonda amarezza vogliamo ricordare l’esistenza di sei “isole” pericolose per il futuro dell’intera razza umana.
Sei isole che minano il futuro del pianeta. Sei isole che compromettono la salute delle persone e, quindi, il diritto di usufruire di un Pianeta sano e in salute. Le sei isole in questione sono costituite da spazzatura galleggiante: plastica, rottami marini, detriti e materiale non biodegradabile, che hanno dei hanno dei nomi e delle dimensioni, che vale la pena citare: Great Pacific Garbage Patch o Pacific Trash Vortex nel pacifico è la più grande del mondo le sue dimensioni sono titaniche: si stima di un minimo di 700.000 km² di estensione fino a più di 10 milioni di km², per un totale di circa 3 milioni di tonnellate di rifiuti accumulati; l’isola per dimensioni corrisponde alla penisola iberica; South Pacific Garbage Patch, al largo del Cile e il Perù, ha una superficie che si aggira intorno ai 2,6 milioni di chilometri quadrati e contiene prevalentemente microframmenti di materie plastiche erose; North Atlantic Garbage Patch è la seconda più grande per estensione, si stima che potrebbe sfiorare i 4 milioni di km². Le stime parlano di oltre 200mila detriti per chilometro quadrato; South Atlantic Garbage Patch, 1 milione di chilometri quadrati; Indian Ocean Garbage Patch più di 2 chilometri e con una densità di 10.000 detriti a chilometro quadrato; Arctic Garbage Patch, isola di plastica, di recente formazione, è stata scoperta nel mare di Barents, in prossimità del Circolo Polare Artico.
La domanda che vogliamo porre è chi sono i proprietari di tali isole? Meglio, chi sono i responsabili di simili isole? Sicuramente la prima risposta è nessuno, ma nell’oceano di tutti, nessuno coincide con tutti.
Quindi tutti gli Stati si attrezzino per pulire l’oceano, per salvare il pianeta, per garantire il diritto umano alla vita. Solo l’unione di tutti può liberarci da detriti e plastiche che hanno cicli di riciclaggio di migliaia di anni.
Siamo convinti che la plastica possa essere sostituita con materiali biodegradabili come molte ricerche stanno dimostrando.
La Plastica a cui siamo abituati è un materiale che nasce per essere usato per migliaia di anni ed una economia malata ci ha fatto credere che tutto fosse “usa e getta”.
Abbiamo usato e abbiamo gettato ora è tempo di ripulire tutto come si farebbe nella propria casa, perché la Terra è l’unica casa che abbiamo.
Il CNDDU propone agli studenti di ogni ordine e grado, guidati dai propri insegnanti, di realizzare messaggi, slogan, spot per sollecitare l’attenzione dei media circa la catastrofe ambientale – oceanica delle isole galleggianti. #leisolechenoncidevonoessere.
«Le pressioni di molte attività umane continuano a degradare gli oceani e a distruggere gli habitat essenziali, come le foreste di mangrovie e le barriere coralline, ostacolando la loro capacità di aiutare ad affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici. Queste pressioni provengono anche dalle attività umane sulla terraferma e nelle aree costiere, che portano negli oceani sostanze inquinanti pericolose, compresi i rifiuti di plastica. Nel frattempo, si stima che la pesca eccessiva abbia portato ad una perdita annuale di 88,9 miliardi di dollari in benefici netti», sottolinea, António Guterres, Segretario generale dell’ONU.