Freddo artico dopo il caldo record: il peggio sembra essere passato, ma l’estremizzazione climatica è sempre più “estrema” e si attende l’arrivo della Niña.
di Piero Mastroiorio –
Poco più di una settimana fa, sembrava essere arrivata la bella stagione, si sono sfiorati, in alcune città, anche i 23 gradi. L’arrivo di una calda Primavera aveva fatto gioire gli amanti del caldo, per una evidentemente precoce fine dell’inverno, tutto sommato equilibrato, con molta neve sui monti e freddo moderato un po’ ovunque. Mentre la natura ci regalava tutta la sua bellezza con il germogliare dei fiori, nel breve volgere di pochi giorni, una decisa avvezione, trasporto orizzontale, ad opera del vento, di alcune proprietà dell’atmosfera, di aria artica “entrata” nel bacino del Mare Nostrum, sia dalla porta della bora, che dalla valle del Rodano, ha riportato un deciso colpo di coda invernale.
Per questo repentino cambiamento a gioire ci sono gli amanti del freddo, che già vedevano brutta la situazione, a caccia di record veri o presunti del freddo nel mese centrale della primavera.
«Freddo artico dopo il caldo record: il peggio sembra passato, ma l’estremizzazione climatica è sempre più “estrema”. Occorre, però, dire, che i record ci sono stati, considerando i dati di ‘serie climatologiche’ molto estese nel tempo, se è vero che sono stati ritoccati anche sensibilmente record delle temperature minime assolute anche trentennali. Tali situazioni si sono verificate soprattutto in alta quota, oppure laddove le pur scarse nevicate apportate dall’avvezione fredda e la serenità del cielo hanno favorito un forte raffreddamento degli strati troposferici a contatto con il suolo.
Se sulle Alpi è stata quella di Mercoledì 7 Aprile la giornata davvero gelida, con i -33,5°C del Monte Rosa, oltretutto “ventosi” e “umidi” a decretare un record assoluto del freddo difficilmente eguagliabile, sulle regioni centrali.
Sempre, Mercoledì, abbiamo assistito a un giorno di ghiaccio, anche la massima è rimasta “sottozero”, un po’ ovunque oltre i 1500-1700 metri, con valori minimi intorno ai -22, -24°C intorno ai 3000 metri e con minime che alle stesse quote non hanno superato, come del resto nella giornata odierna, -15°C. Senza dimenticare che in alcuni vicini “Polje” sloveni, a una quota di 750 m circa si sono toccati i -20°C.
Giovedì, sono stati i rilievi, le conche intramontane e i fondivalle più incassati dell’Appennino a rilevare minime da brivido, con i classici poli del freddo dell’Appennino abruzzese a registrare valori davvero incredibilmente bassi di -20, -22°C per con massime tornate sopra lo zero. Anche città di pianura hanno fatto i conti con valori eccezionalmente bassi – Perugia aeroporto -6,2°C, Ascoli Piceno Mozzano -5,6°C, Grosseto -4,2°C sino ad arrivare al valore davvero bassissimi di Roma Salone, nella zona est della città si -8,1°C o al pur rilevante -0,5°C di Fiumicino e persino ai -2,1°C di Alghero.
L’obbligo primario è pensare alle prime accennate essenze in fiore che diffusamente potranno subire danni non indifferenti. Alcuni valori termici estremi record mensili rilevati questa settimana: Capanna Margherita (VB) -33,5°C; Palateau Rosa (AO) 3560 m – 26,8°C (eguagliato); Cima Beltovo (BZ) – 3328 m – 23,7°C; Marmolada (BL) – 3342 m -23,6°C ; Cima Libera (BZ) – 3399 m -23,5 °C; Piani di Pezza (AQ) 1450 m -22,6 Campo felice (AQ) – 1538 m – 21,7°C; Rocca di Mezzo (AQ) – 1280 m – 18,6°C», ha spiegato Massimiliano Fazzini, Coordinatore del Team sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale e docente dell’Università di Camerino.
Cosa ci aspetta ancora per quest’anno, in cui è previsto anche l’arrivo della Niña?
Generalmente il 2021 dovrebbe riservare al Pianeta azzurro, la Terra, un po’ di respiro, ma non troppo, come dicono gli scienziati del servizio meteorologico britannico, che prevedono che un anno leggermente freddo come temperatura media globale rispetto al 2020, grazie anche al fenomeno della Niña, ma entrerà comunque nella lista dei sei anni più caldi di tutti i tempi. La Niña, fase opposta al El Niño, fenomeno climatico periodico che provoca un forte riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico Centro-Meridionale e Orientale (America Latina) nei mesi di dicembre e gennaio in media ogni cinque anni, con un periodo statisticamente variabile fra i tre e i sette anni, che provoca inondazioni nelle aree direttamente interessate, ma anche siccità nelle zone più lontane da esso e altre perturbazioni che variano a ogni sua manifestazione, amplifica, quindi, le condizioni di circolazione oceanica e atmosferica normali. Si tratta un raffreddamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centrale ed orientale, che può avere influenze anche in Europa e in Italia. Come? Con l’aumento di perturbazioni, anche estreme, che entrano nel Mediterraneo non trovando l’ostacolo di un’alta pressione che a sua volta potrebbe spostarsi sul Nord Africa.
Secondo i ricercatori del Meteorological Office di Londra, la temperatura del nostro pianeta nell’anno che è ad un terzo della sua vita, sarà, probabilmente, tra 0,91 e 15 gradi centigradi più alta di quella che è stata nel periodo 1850-1900, con una stima media di 1,03 gradi in più.
La previsione per il 2021, come riporta la BBC, è di poco inferiore alla temperatura del 2020 e di altri anni recenti a causa di un’oscillazione atmosferica, che provoca un forte riscaldamento delle acque nel Pacifico centro-meridionale e orientale nei mesi di dicembre e gennaio, mediamente ogni cinque anni, che fa salire in superficie acqua più fredda dalla profondità dell’oceano. Ci si aspetta, quindi, una riduzione della temperatura marina a livello di superficie di 1-2 gradi, che impedirà al 2021 di segnare un nuovo record per il riscaldamento del pianeta. Comunque, l’impatto di fenomeni naturali di raffreddamento come la Niña, sono largamente offuscati dal riscaldamento dell’atmosfera, provocato dall’effetto serra, ovvero, dalle emissioni di gas nocivi che sono alla base del cambiamento climatico, come, per esempio, il forte effetto della Niña nel 1999-2000, che, da allora, ha visto crescere lo stesso la temperatura globale di 0,4 gradi, in linea con il previsto aumento di 0.2 gradi per decennio, con allarme dalla Conferenza di Parigi sul clima, attribuito a attività umane, lasciando i sei anni più caldi di tutti i tempi al periodo che va dal 2015 a oggi.