Un’analisi di ISVRA su dati EUROSTAT evidenzia come l’Italia, rispetto agli altri principali paesi agricoli dell’UE, abbia maggiormente sofferto la contrazione delle attività connesse e resti all’ultimo posto per il compenso del lavoro agricolo.
di Redazione —
Se nel 2020, in tempo di pandemia da Covid-19, l’Italia limita i danni sul valore complessivo della produzione delle imprese agricole, non altrettanto si può registrare per il valore prodotto dalle attività connesse, in primis l’agriturismo, per la persistenza all’ultimo posto del nostro Paese, rispetto ai principali paesi agricoli dell’UE, quanto a remunerazione del lavoro agricolo. L’Italia si conferma, per valore della produzione delle imprese agricole, al terzo posto nell’UE con 56,1 miliardi, dietro a Francia (75,4) e Germania (56,3) ed è al primo posto, anche questa è una conferma, per il valore aggiunto di settore, che corrisponde approssimativamente al reddito lordo delle imprese.
Le brutte notizie sono due: la prima, l’Italia, nel 2020, segna -11,2% per valore della produzione delle attività agricole connesse, precedendo di molto la Germania (-3,8%), la seconda, l’Italia conferma anche nel 2020 il più basso valore aggiunto per ULA, Unità di Lavoro Annue, pari a 29,1 mila euro, precedendo la Spagna (37,2 mila euro) e lontanissima dal primato dei Paesi Bassi (182,9 mila euro). In sostanza, il nostro Paese registra complessivamente il più alto valore aggiunto, differenza fra ricavi e costi, ma impiega, per ottenere tale risultato, un numero di ULA talmente alto, viste le tantissime nostre imprese agricole, da offrire a ciascuna un reddito lordo bassissimo.
Dunque, i nostri agricoltori producono complessivamente molto e, soprattutto meglio, ottima differenza fra ricavi e costi, ma ricevono, imprese e relativi dipendenti, un compenso al proprio lavoro nettamente inferiore.
«Per la salute economica della nostra agricoltura non è problema da poco: c’è bisogno di ridurre il numero delle imprese agricole, aumentandone la dimensione, per attuare più diffuse e consistenti economie di scala, anche in termini occupazionali, e per disporre di una maggiore capacità di investimento sull’innovazione, la sostenibilità e la competitività», dichiara Giorgio Lo Surdo, Direttore di ISVRA, Istituto Italiano per lo Sviluppo Rurale e l’Agriturismo.