di Piero Mastroiorio —

Il mondo giovanile contemporaneo si trova a vivere in un contesto complesso, segnato da sfide sociali, culturali ed economiche, che influenzano profondamente il loro comportamento e le loro scelte. Due tra le problematiche più evidenti sono la violenza e l’indifferenza, fenomeni che sembrano essere in crescita e che pongono interrogativi importanti sulla direzione in cui si sta evolvendo la nostra società.

Tra i giovani, visti gli ultimi accadimenti, la violenza, sia fisica che psicologica, è purtroppo una realtà che non può più essere ignorata. I fatti di cronaca, che quotidianamente riportano episodi di aggressioni, bullismo e crimini giovanili, testimoniano la crescente aggressività nelle nuove generazioni. La violenza non è solo il risultato di un’escalation di rabbia, ma spesso è il sintomo di un malessere più profondo, legato alla difficoltà di comunicare e di affrontare le emozioni. Molti ragazzi sembrano crescere in ambienti dove l’ascolto è raro e i modelli relazionali sono frammentati, portando a una progressiva perdita di empatia.

Inoltre, la violenza può essere alimentata dalla cultura della “conquista” e della supremazia, che, purtroppo, viene talvolta glorificata nei media e nei social, dove il successo e il riconoscimento vengono associati spesso a comportamenti violenti o provocatori. L’influenza dei social media è uno dei fattori che contribuiscono alla normalizzazione della violenza e le piattaforme digitali offrono uno spazio in cui i giovani possono esprimere se stessi, ma spesso alimentano anche dinamiche perverse di “liking“, simpatia, gradimento, approvazione, soprattutto, quella sociale, che premia la provocazione e l’aggressività, mentre penalizzano la vulnerabilità e la sensibilità.

L’altro fenomeno preoccupante, come si diceva, è l’indifferenza che sembra caratterizzare una gran parte della gioventù, la cui disconnessione emotiva, che può derivare dalla frenesia della vita moderna, dalla digitalizzazione delle relazioni e dalla mancanza di educazione alla solidarietà, sembra allontanare i giovani dal mondo che li circonda. Molti ragazzi appaiono indifferenti non solo alla sofferenza altrui, ma anche a temi cruciali come l’ambiente, la politica, la giustizia sociale.

La cultura dell’indifferenza non è solo un tratto caratteristico dei giovani di oggi: è alimentata da un contesto che promuove il consumo individualistico e la competizione senza scrupoli. L’importanza della collettività, della condivisione e della cura reciproca sembra scomparire progressivamente, sostituita da una ricerca del successo personale e dalla paura del fallimento. La visione del mondo come una giungla dove prevale il “chi ha, vince” innesca un circolo vizioso di apatia e cinismo.

In alcuni casi, l’indifferenza si trasforma anche in isolamento emotivo, dove il giovane, pur tra mille stimoli digitali, si sente solo e incapace di entrare in relazione in maniera autentica con gli altri. Questo fenomeno di alienazione si manifesta, anche, nei confronti delle problematiche sociali e politiche, con una crescente disillusione verso le istituzioni e la sensazione di impotenza riguardo ai cambiamenti necessari per migliorare il futuro.

A questo punto credo sia lecito domandarsi: le cause sono da ricercarsi più in un contesto difficile o più in un sistema educativo in crisi?

Domanda dalla difficile risposta, anche se le radici della violenza e dell’indifferenza giovanile, credo, siano da ricercare in un contesto sociale che offre poche certezze. La crisi economica, la precarietà del lavoro, l’incertezza del futuro e la frattura generazionale hanno creato un terreno fertile per la frustrazione e la sfiducia. Le famiglie e le scuole, spesso in difficoltà nel gestire questa situazione, faticano a trasmettere valori solidi e a fornire ai ragazzi gli strumenti necessari per affrontare le difficoltà della vita con consapevolezza e maturità emotiva.

Il sistema educativo, purtroppo, non sempre riesce a rispondere a queste sfide: se da un lato le scuole stanno cercando di integrare programmi di educazione alla cittadinanza, alla gestione delle emozioni e alla prevenzione della violenza, dall’altro è difficile fare fronte a un numero crescente di ragazzi che vivono situazioni familiari problematiche o che sono influenzati negativamente da modelli sociali distorti.

Cercando sempre di rispondere alla domanda, credo che, affrontare questi fenomeni richiede un approccio globale che coinvolga famiglia, scuola, comunità e istituzioni. In primo luogo, è fondamentale investire sull’educazione emotiva dei giovani, insegnando loro a riconoscere e a gestire le proprie emozioni, a risolvere conflitti in modo pacifico e a costruire relazioni sane. La prevenzione della violenza deve passare attraverso l’empatia, il rispetto reciproco e la valorizzazione delle diversità.

Allo stesso modo, è essenziale creare spazi di ascolto e di supporto per i ragazzi, dove possano esprimere liberamente i propri dubbi, le proprie paure e le proprie difficoltà. Questo non solo aiuta a prevenire comportamenti violenti o indifferenti, ma permette di costruire una società più inclusiva e consapevole. Non da ultime, le istituzioni dovrebbero fare la loro parte, promuovendo politiche giovanili che offrano opportunità di formazione, di crescita e di inclusione sociale, contrastando fenomeni come la disoccupazione giovanile e l’esclusione sociale che alimentano la rabbia e l’indifferenza.

I ragazzi di oggi sono spesso descritti come disinteressati o violenti, ma è fondamentale guardare a queste problematiche con un’analisi profonda delle cause. Violenza ed indifferenza non sono semplicemente comportamenti da condannare, ma segnali di un malessere che va affrontato con un approccio educativo, sociale e culturale. Solo investendo sull’ascolto, sulla comunicazione e sulla responsabilizzazione, si potrà sperare di costruire una generazione più empatica, consapevole e pronta a contribuire positivamente alla società. 

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