di Redazione —

«In Italia, fino a che le Poste facevano le Poste, milioni di biglietti di auguri venivano spediti a Natale e a Pasqua, nonché milioni di cartoline nei mesi estivi, dai luoghi di vacanza. E riceverli faceva sempre piacere, perché un oggetto fisico e originale, che si poteva conservare o anche appendere o appoggiare da qualche parte, trasmetteva sensazioni più vere e diverse da un messaggio digitale, “sms”, “mail” o un “wapp”. Inoltre, quelle spedizioni generavano anche un indotto importante a livello nazionale, per tipografie, stamperie e rivendite, con la crescita e il mantenimento dei loro posti di lavoro. A questo, si aggiunga il traffico generato dal mondo dell’editoria cartacea, con le spedizioni di riviste, quotidiani e quant’altro agli abbonati», scrive SLG-CUB Poste in un comunicato stampa relativo ad un ipotetico ritorno alla gestione pubblica, inviato agli organi di informazione, sottolineando: «purtroppo, dopo la conversione alle privatizzazioni, sostenuta da partiti e sindacati entusiasti del capitalismo, anche le Poste sono finite nel meccanismo speculazione economica, fondata innanzitutto sulla riduzione dei posti di lavoro, dalle 222.000 unità del 1994 si è passati alle 110.000 attualiperché meno stipendi si pagano e più soldi restano da distribuire ai soci privati.

Così, dopo la privatizzazione del 35% di Poste Italiane, effettuata nel 2015 dal governo Renzi, la ricerca di accrescere in modo abnorme gli utili aziendali trovò il suo sfogo nell’invenzione dell’incivile sistema di consegna della posta “a giorni alterni e rarefatti”, voluto proprio per dimezzare del 50% il personale portalettere, a cui si è aggiunta la riduzione dei dipendenti agli sportelli e nei centri di smistamento.
Ovviamente, questo sistema, incivile e assurdo, da quel momento, ha portato ad accumuli ciclopici di posta in giacenza, con ritardi colossali nella consegna, in certi casi anche di mesi, con i danni che ciò ha comportato per i cittadini, per esempio nel caso delle bollette scadute. Perciò, man mano, sempre più utenti hanno perso la pazienza e la fiducia nelle spedizioni fisiche, smettendo di spedire o di farsi spedire, facendo crollare anche i comparti esterni associati alle produzioni cartacee.

In definitiva, per SLG-CUB Poste, tra i vari danni che hanno causato le privatizzazioni italiane, facendo perdere posti di lavoro, sfruttando il precariato, aumentando i prezzi e rovinando i servizi, quella di Poste Italiane ha attaccato alla base l’impalcatura della cultura sociale, obbligando/forzando gli utenti a cambiare “abitudini”, rinunciando così anche a quegli aspetti di civiltà che avevano da sempre costituito la trama dei rapporti tra le persone, mentre sarebbe stato più corretto e funzionale integrare il sistema moderno delle comunicazioni digitali con quello classico delle comunicazioni cartacee, formando così un sistema più completo e quindi più forte, senza gli artificiosi interventi, attuati con la privatizzazione, volti a sgretolare le strutture fisiche e posti di lavoro, che hanno causato fortissimi disagi agli utenti e tantissimo stress ai lavoratori, al solo scopo di aumentare il profitto economico a favore di pochi soggetti beneficiari di questa palese forma di speculazione economica. Ecco perché se si vogliono recuperare i posti di lavoro e la qualità dei servizi, non si può prescindere dal considerare che la privatizzazione di Poste Italiane deve essere valutata negativamente e rivista, nel senso di un ritorno alla gestione pubblica, al 100%, ma, a quanto sembra, anche per il governo Meloni l’ulteriore privatizzazione di Poste Italiane è una cosa ottima da farsi. E dire che, proprio la presidente del Consiglio, durante la campagna elettorale del 2018, si era detta assolutamente contraria.».

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