Diritto essenziale per il funzionamento di una democrazia, poiché permette il dibattito pubblico, la critica ai poteri costituiti e la partecipazione attiva dei cittadini nella vita politica, promuovendo il pluralismo culturale e l’innovazione, contribuendo allo sviluppo sociale ed economico.
di Piero Mastroiorio —
La risposta potrebbe essere inquietante, ma voglio essere fiducioso e pensare ad isolati episodi e sporadici sproloqui di chi ha perso il controllo o si esalta, troppo, pensando che le cose non possono cambiare e prendere pieghe diverse. Il fondamento della democrazia, l’Art. 21, che garantisce a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, soprattutto, che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Meno male. «All’interno dell’UE la libertà di stampa è messa a dura prova dai partiti al governo in Ungheria (67^), Malta (73^) e Grecia (88^), i tre Paesi dell’UE con la peggiore classifica, l’Italia 46^ è scesa di tre posizioni», dice l’organizzazione internazionale RSF, Reporters sans Frontières, che vede peggioramenti importanti nei Balcani e in tutta l’Europa orientale.
Non solo, ultimamente, sarà per via delle ultime elezioni europee ed amministrative, ancora in corso nella mia città, molti si prodigano, cercando di zittire l’avversario, prevaricare, giungendo persino a minacciare, in barba alla libertà di espressione, uno dei diritti fondamentali più celebrati e difesi nelle società democratiche, che, garantisce, meglio, dovrebbe garantire, ad ogni individuo il diritto di esprimere le proprie idee e opinioni senza timore di censura o repressione. Una libertà sancita da numerosi documenti internazionali, tra cui la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (articolo 19) e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (articolo 10), che comprende non solo il diritto di esprimere e diffondere informazioni e idee, ma anche quello di riceverle e condividerle, garantendo così un flusso libero e aperto di conoscenze.
Questo diritto è essenziale per il funzionamento di una democrazia, poiché permette il dibattito pubblico, la critica ai poteri costituiti e la partecipazione attiva dei cittadini nella vita politica, promuovendo il pluralismo culturale e l’innovazione, contribuendo allo sviluppo sociale ed economico.
Ultimamente, per eccesso di garantismo, nonostante la sua importanza, la libertà di espressione è diventato un diritto non assoluto e può essere soggetta a limitazioni. Restrizioni, spesso, giustificate per proteggere altri diritti e valori, come la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, la salute e la morale pubblica, nonché i diritti altrui, come discorsi che incitano all’odio, alla violenza o alla discriminazione, che possono essere legalmente limitati.
Quello che più mi ha colpito, ultimamente, l’uso fatto di internet e social media, durante la campagna elettorale: la trasformazione radicale del panorama della comunicazione, che, se da un lato, attraverso queste tecnologie, ha democratizzato l’accesso all’informazione e amplificato le voci marginalizzate, dall’altro ha sollevato nuove sfide per la protezione della libertà di espressione, prime fra tutte, le politiche di moderazione dei contenuti adottate dalle grandi piattaforme tecnologiche, spesso criticate per la loro opacità e arbitrarietà, alimentando il dibattito su chi dovrebbe avere il potere di decidere cosa può essere detto o pubblicato online.
Da quanto letto e visto, fino a questo momento, sui social, mi viene da pensare, come, in molti, hanno perso la giusta rotta sulla libertà di espressione, che, nonostante tutto, resta un diritto cruciale e un pilastro della democrazia, ma deve essere bilanciata con altre esigenze sociali e diritti individuali, perché ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione, che include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere, o, di comunicare informazioni ed idee, senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche, men che meno, da parte di coloro che utilizzano i social e la rete, seppur impegnati politicamente.