Nel 2021 aumentano i costi per i rifiuti: una famiglia paga in media 312 € di TARI con differenze anche di centinaia di Euro tra capoluoghi d’Italia, attraverso un’indagine di CITTADINANZATTIVA sui costi dei rifiuti, che rivela poche iniziative per favorire il riuso e limitare la produzione di rifiuti Regione per Regione, nel particolare, riportiamo i dati relativi alla Regione Puglia.
di Piero Mastroiorio —
Gli ultimi dati dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva sui rifiuti urbani e i costi dei rifiuti sostenuti dai cittadini per lo smaltimento dei rifiuti in tutti i capoluoghi di provincia, prende come riferimento nel 2021 una famiglia tipo composta da 3 persone ed una casa di proprietà di 100 metri quadri, rivela come questi siano in aumento con forti differenze fra città e città, tanto che fra il capoluogo più costoso e quello più economico ci sono 373 € di differenza. A Catania la TARI, Tassa Rifiuti Solidi Urbani, relativa al 2021 è di 504 €, a Potenza si ferma a 131 €. Comunque, nel 2021, in Italia, la tassa media pagata da una famiglia, per i rifiuti ammonta a 312 €, aumentando in media dell’1,5% rispetto a quella del 2020. La Campania è la regione più costosa con 416 €, la più economica, con 232 €, è il Veneto, al centro ci sono i 407 € della Liguria e le tariffe che si aggirano intorno ai 330 € di Abruzzo, Calabria, Lazio, Sardegna e quelle un po’ inferiori delle restanti regioni. A livello territoriale si registrano aumenti in dodici regioni: incremento a due cifre in Liguria, che fa registrare un +10,3%, segue la Basilicata con +8,1%, il Molise con +6,1% e la Calabria con +5,9%, mentre si registrano tariffe in diminuzione in Sardegna, dove si registra un -5% e in Veneto un -3,8%.
«A fronte di una spesa media a famiglia che continua a salire e di una eccessiva sperequazione della tariffa fra le regioni e le singole città, ci spiace constatare che soltanto il 10% dei capoluoghi di provincia applica la tariffa puntuale che incentiverebbe le famiglie a produrre meno rifiuti. Allo stesso modo ancora scarseggiano le iniziative per favorire il riuso e per ridurre i rifiuti, sebbene finalmente tutte le regioni registrano un aumento nei livelli di raccolta differenziata», dice Tiziana Toto, responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva.
L’indagine rivela come ci siano grandi disparità fra i capoluoghi di provincia e centinaia di Euro di differenza fra una TARI e l’altra: Catania è il capoluogo di provincia più costoso con 504 €, dato stabile sul 2020, mentre, Potenza è il più economico con 131 €, ma in aumento rispetto al 2020. Rispetto ai 112 capoluoghi di provincia esaminati dall’associazione, sono state riscontrate variazioni in aumento, rispetto al 2020, in ben 53 capoluoghi, situazioni di stabilità in 37 e variazioni in diminuzione in 22. A Vibo Valentia c’è stato l’aumento più elevato, +44,9%, mentre, a Rovigo c’è stata la diminuzione più consistente, -23%.
Nella classifica delle città più costose ci sono capoluoghi nei quali i costi dei rifiuti sono tutti molto superiori ai 400 €, mentre fra le città più economiche, la TARI più alta è di Novara con 209 €. In sei città si paga meno di 200 €, Potenza, Udine, Pordenone, Brescia, Fermo e Rovigo. A livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord, dove in media si pagano 270 €, +1,6% rispetto al 2020, segue il Centro con 313 €, +2,4%, chiude il Sud, che risulta essere il più costoso con una media di 353 € ed un aumento, rispetto all’anno precedente del +1,3%.
Le ricerca, nel mettere in luce come ci sia, ancora, da fare per promuovere il riuso e limitare i rifiuti, nonostante cresca la raccolta differenziata, con scarse iniziative per favorire il riuso e limitare i rifiuti, tanto che, stando al Rapporto Rifiuti urbani 2020 dell’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, gli italiani nel 2019 hanno prodotto 30.100.000 di tonnellate di rifiuti urbani, -0,3% rispetto al 2018. La media nazionale di raccolta differenziata ha raggiunto il 61,3%, +3,1% rispetto al 2018, mentre il 21% finisce ancora in discarica.
A livello di aree geografiche, primeggia anche in questo caso il Nord con il 69,6% di raccolta differenziata, seguito da Centro con il 58,1% ed il Sud con il suo 50,6%. Tutte in aumento le percentuali di raccolta differenziata regionali. Quelle più virtuose sono Veneto, Sardegna, Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia che hanno superato l’obiettivo del 65%. In testa il Veneto che differenzia il 74,7% dei rifiuti, fanalino di coda la Sicilia con appena il 38,5%. Il 78% dei capoluoghi prevede la raccolta porta a porta e quella su strada, il 18% solo porta a porta e il 4% solo raccolta su strada. L’attenzione è però ancora scarsa sulla prevenzione nella produzione di rifiuti. Ad esempio, spiega Cittadinanzattiva, vengono fatte campagne di sensibilizzazione specifiche per ridurre i rifiuti solo nel 56,9% dei casi; l’organizzazione di iniziative per favorire lo scambio, il riuso o la riparazione sono previste rispettivamente solo nel 38,5% e nel 17,4% dei capoluoghi. Fanalino di coda sono le agevolazioni per l’acquisto di pannolini lavabili, previste solo nel 15,6%.
Nel dettaglio, la Puglia ha una spesa media per i rifiuti pari a 381 € a famiglia, con un aumento del +3% rispetto al 2020. Notevoli appaiono le differenze tariffarie fra i singoli capoluoghi di provincia: si va dai 340 € di Lecce ai 422€ di Andria. Quanto a raccolta differenziata, la Puglia si colloca più in basso rispetto alla media nazionale: nel 2019, siamo al 50,6% di rifiuti differenziati in regione rispetto al 61,3% del resto del Paese.