Uno studio dei ricercatori dell’Università di Helsinki analizza la misura in cui le proteine degli insetti potrebbero aiutare a ridurre il riscaldamento globale associato al consumo di cibo in Europa.
di Redazione —
Stanno entrando sempre più al centro del dibattito sul clima gli insetti commestibili s, grazie alla loro potenzialità in termini di sostenibilità, tanto che, stando ad uno studio dell’Università di Helsinky, pubblicato su ‘ScienceDirect’, le proteine degli insetti potrebbero non necessariamente avere prestazioni migliori per quanto riguarda il loro impatto sul riscaldamento globale rispetto alle proteine dei polli da carne. Lo studio, in modo particolare, valuta la misura in cui le proteine degli insetti potrebbero aiutare a ridurre il potenziale di riscaldamento globale associato al consumo di cibo in Europa. I risultati di una revisione quantitativa e delle analisi di scenario supportano ricerche precedenti che suggerivano che le proteine degli insetti, se consumati come cibo, potrebbero maggiormente contribuire a ridurre l’impronta di carbonio dei consumatori europei.
A seconda del luogo di produzione e delle specie utilizzate, l’impatto ambientale delle proteine degli insetti può essere maggiore di quello delle proteine dei polli da carne, anche se gli insetti vengono utilizzati per il consumo umano diretto. Lo studio rivela che le attuali pratiche di produzione di insetti a scopo alimentare non sono ancora abbastanza efficienti da contribuire in modo significativo a una riduzione del riscaldamento nel consumo alimentare europeo. I mangimi a base di insetti hanno nel complesso un potenziale di sostenibilità ambientale inferiore rispetto all’uso diretto di proteine a base di larve o grilli per l’alimentazione umana.
Per questo sarà decisiva una maggiore ricerca sullo sviluppo del prodotto e l’accettazione da parte dei consumatori. Quanto raggiunto fino ad oggi ancora non basta. I ricercatori spiegano come nonostante il regolamento sui nuovi alimenti, che ha autorizzato dal 1 giugno 2021 l’immissione sul mercato del verme giallo essiccato come nuovo alimento, nonostante altre sfide legali attualmente in atto per motivi sanitari, e nonostante le pratiche di produzione non sviluppate e le questioni relative alla disponibilità dei consumatori a utilizzare gli insetti, sembra esserci un chiaro potenziale di mercato.
«Gli insetti hanno un’elevata efficienza di conversione dal mangime a carne, perché sono a sangue freddo. Per tasso di conversione si intende quanto mangime è necessario per produrre a 1 kg di aumento di peso. Si tratta di valori che variano molto a seconda della classe dell’animale e delle pratiche di produzione utilizzate. In media, questi ‘novel food’ possono convertire 2 kg di mangime in 1 kg di insetti massa. Invece i bovini richiedono 8 kg di mangime per produrre 1 kg di aumento di peso corporeo», scrive la FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, nel suo rapporto “Il Contributo degli Insetti per la Sicurezza Alimentare, l’Economia e l’Ambiente”, secondo cui è probabile che «la produzione di gas serra da parte della maggior parte degli insetti sia inferiore rispetto a quello del bestiame convenzionale. Ad esempio, i maiali producono 10–100 volte più gas serra per kg di peso rispetto ai vermi della farina.».
Tra le novità del Rapporto Coop 2021 sui consumi e stili di vita degli italiani c’è la comparsa della nuova identità alimentare dei climatariani, cioè, coloro, 1 italiano su 6, che dichiarano di adeguare il proprio regime alimentare per ridurre l’impatto ambientale, per il 26% dei quali, un aiuto al clima verrà dalla scienza e dalla tecnologia e in questo senso tra le new entry sulle tavole degli italiani da qui a 10 anni ci sono cibi vegetali con il sapore di carne, a base di alghe, farina di insetti e anche la carne coltivata in vitro.