Una ricerca, svolta dall’Università Bicocca in collaborazione con SICuPP Lombardia, rivela come i bambini siano diventati un po’ più tristi e malinconici, dell’aumento, fra loro, del possesso dello smartphone, ormai entrato nella quotidianità e come sono messi a dura prova nell’alimentazione e sonno.
di Redazione —
Ad un anno dal primo confinamento, lockdown per gli esterofili, i bambini sono un po’ più tristi e malinconici, non mancano difficoltà per l’alimentazione e il sonno, dove è più scombinata la prima è più irrequieto il secondo, con un aumento, in età sempre più precoce, del possesso ed uso di device digitali come lo smartphone, percepito, ormai, come un elemento naturale del proprio mondo ed il sistema famiglia soffre di una certa stanchezza emotiva. Questa, in sintesi, è la fotografia che scatta l’indagine “Bambini e lockdown, la parola ai genitori”, alla seconda edizione, condotta dalla Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP Lombardia– Marina Picca, Presidente e coordinatrice scientifica del progetto per i pediatri) con la collaborazione di un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca (Paolo Ferri e Chiara Bove docenti del Dipartimento di Scienze umane per la formazione) e della spin off, sempre, dell’ Università di Milano-Bicocca “Bambini Bicocca” (Susanna Mantovani, coordinatrice scientifica).
Ad oltre 3.000 famiglie, residenti a Milano e nelle province della Lombardia, nella prima indagine che si è svolta a maggio 2020 e nella seconda, svolta, dopo un anno, sono stati riproposti due questionari online parzialmente differenziati a seconda delle età, bambini di età compresa tra 1-5 anni e bambini dai 6 ai 10 anni, per conoscere l’evoluzione del vissuto dei genitori e dei bambini nei mesi successivi al primo confinamento, da settembre 2020 a maggio 2021.
«Alimentazione e sonno continuano a essere messi a dura prova. Rispetto ai dati del 2020 abbiamo osservato un miglioramento, ma persistono elementi di preoccupazione. Un dato nuovo non indagato nella ricerca del 2020 è la presenza di malessere fisico nei bambini soprattutto in età scolare. La persistenza di alcuni comportamenti che testimoniano malessere della salute mentale e fisica destano preoccupazione ed impongono la necessità di investire maggiormente nel sostenere i bambini, i genitori e le famiglie», afferma Marina Picca, Presidente SICuPP Lombardia.
Cambiamenti riguardo al sonno sono segnalati nel 28,2% dei casi fra i bambini 1-5 anni e nel 26,9% nella fascia di età 6-11 anni. Per i più piccoli, al primo posto i genitori segnalano l’aumento dei risvegli notturni (56,6%) seguito da difficoltà nell’addormentarsi (38,6%). Fra i più grandi, i cambiamenti sono stati relativi soprattutto alla difficoltà di addormentarsi (60,3%). L’esperienza di incubi (18,9% e 18,3%), la sonnolenza diurna (8,2% e 9,7%) e la riduzione della durata del sonno (15,1% e 16,2%) sono invece sostanzialmente simili fra le due classi di età, dice la ricerca.
«Per quanto riguarda i cambiamenti relativi all’alimentazione, notiamo che questi si sono verificati per una buona fetta dei più grandi, 36,3%, mentre sono stati rilevati meno frequentemente fra i più piccoli, nel 25,6% dei casi», si legge sul report 2021 “Bambini e lockdown un anno dopo: la parola ai genitori”, di Picca, Ferri, Manzoni, Bove, Mantovani, e Cavalli, che evidenzia fra i cambiamenti, soprattutto, la percentuale di genitori, poco meno della metà, che ha riscontrato che i propri figli mangiano spesso fuori pasto (44% fra i più piccoli e 48,2% nei 6-11 anni). Sono, però, i genitori dei più grandi a notare, in misura consistente, 42,2%, un aumento dell’appetito, che invece i genitori dei più piccoli riscontrano in misura minore, 24%. La percezione di una riduzione dell’appetito è riscontrata più dai genitori dei piccoli (37,2%) che dei grandi (19,8%).
Irritabilità e capricci sono segnalati dal 63,2% dei genitori dei bimbi più piccoli. Il 46% parla di rabbia. Per un quarto,il 25%, c’è tristezza e malinconia. Per il 28,8% svogliatezza. Fra i 6-11 anni i genitori raccontano di irritabilità e rabbia (57,6%) e ancora di svogliatezza (62,9%) e di tristezza e malinconia, segnalate nel 42,4% dei casi, come si legge nel report: «In entrambe le classi di età si nota un forte aumento di irritabilità e capricci nei più piccoli e di irritabilità nei più grandi (63,2% e 57,6%), così come della rabbia nei più piccoli (46%), mentre solo una parte più piccola dei genitori dei più piccoli ha riscontrato una maggiore difficoltà di concentrazione nelle attività ludiche (24,2%). I genitori dei più grandi hanno riscontrato in maniera consistente una maggiore svogliatezza (62,9%), che invece è stata riscontrata in misura minore dai genitori dei più piccoli (28,8%), allo stesso modo hanno risposto riguardo alla maggiore tristezza e malinconia (25% e 42,4%).».
Disturbi e malesseri di vario genere sono molto più presenti fra i più grandi rispetto ai piccoli, tanto che i ricercatori sottolineano: «Più del 40% dei genitori di figli che frequentano la scuola primaria riporta di notare disturbi diversi quali: Disturbi di pancia (14,5%), Mal di testa (16%), Bruciore o fastidio agli occhi (10,5%), Eccessiva stanchezza (12,8%), mentre, nei più piccoli i valori sono nettamente inferiori.».
Nei bambini da 1 a 5 anni, segnalano i ricercatori, in questi mesi c’è stata una diminuzione dell’irritabilità e dei capricci, 63% contro l’81% del 2020, ma un quarto degli intervistati denuncia un sentimento di tristezza/malinconia nei figli.
Un dato nuovo, non indagato nella prima edizione dell’indagine, è proprio la presenza o meno di disturbi di “malessere” fisico nei bambini: ne hanno sofferto circa il 40% dei bambini della scuola primaria.
In famiglia, invece, soprattutto per i bambini della scuola primaria (6-11 anni) è stato osservato un peggioramento del rapporto adulti-bambini, che aumenta dall’11.4% del 2020 al 21.6% del 2021. Dato, che, come dicono i ricercatori, «testimonia la stanchezza emotiva del sistema-famiglia».
Altro aspetto rilevante è la centralità del digitale nella vita dei bambini, che rivela come fra i più grandi, dai 6 anni in su, il 58,4% possiede un device personale, percentuale in netto aumento rispetto al primo confinamento, quando era circa uno su quattro, cioè, il 23,5%.
Si abbassa anche l’età di uso della tecnologia: prima aveva un cellulare “solo” il 9,2% dei bambini dagli 1 ai 5 anni, ora lo possiede il 14,5%. Ciò significa che aumenta l’uso anche fuori dalla didattica, soprattutto per i bambini più grandi. Niente effetto stanchezza per il digitale, anzi, «questo non viene più percepito come qualcosa di speciale ma diventa un’interfaccia quotidiana per lo studio e per lo svago», dicono i ricercatori.
«Il digitale, con la pandemia è divenuto un elemento sempre più presente nella vita dei bambini. Le famiglie lo percepiscono come un elemento “naturale” del loro mondo. Non si può tornare indietro o imporre divieti. Si tratta, invece, di formare i genitori, gli insegnanti e i bambini ad un uso consapevole, critico e creativo dello smartphone. Va, infatti, evitato che lo smartphone si trasformi in una “baby sitter” o peggio in un “dispenser” di stili di vita standardizzati e di prodotti commerciali! Un compito sfidante e complesso per i genitori e per tutti coloro che si occupano professionalmente di bambini», afferma Paolo Ferri, docente del Dipartimento di Scienze umane per la formazione dell’Università di Milano-Bicocca.